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"Qualcosa di buono per la propria famiglia" #GenerazioneBerlusconi

29 dicembre 2017


Copione fisso per Berlusconi parlando del M5S alle prossime elezioni politiche 2018:

"Non vedo come una persona di buon senso possa realmente affidare il proprio futuro e quello dei propri figli a chi nella vita non ha combinato niente di buono per la propria famiglia e nemmeno per sè"

Va valorizzato ciò che dice e persino ringraziato perché crea davvero un'ottima occasione di dibattito su due concetti chiave che il popolo italiano, così come l'intero popolo occidentale, vedrà rivoluzionare nei prossimi decenni: il concetto di "buono" e il concetto di "famiglia"

Cos'è "combinare qualcosa di buono" per la generazione di Berlusconi? Risposta facile: creare reddito finanziario per incrementare il PIL, a costo di cementificare, impestare l'aria e l'acqua di metalli pesanti e sostanze plastiche, scendere a patti con le mafie, legittimare la corruzione, far tacere i dissidenti, privatizzare il bene pubblico, ingannare le istituzioni, favorire la prostituzione psicofisica, trasformare la bellezza in qualcosa di orribilmente sintetico, etc.

Cos'è la "famiglia" per la generazione di Berlusconi? Un uomo e una donna che procreano per avere eredi dei propri redditi privati, auspicabili "qualcosa di buono" quel tanto da permettere al capo famiglia di apparire "buon padre di famiglia" mentre fa credere di lavorare fino a tarda notte talvolta frequentando minorenni, e soprattutto "qualcosa di buono" all'altezza del mantenimento di una o più mogli in caso di divorzio qualora dovesse esserci qualche difficoltà di sopportazione di tali sacrifici in nome del reddito di famiglia.

Allora vedremo il prossimo 4 marzo quanti italiani fieri di aver fatto "qualcosa di buono" per la loro "famiglia" voteranno ancora Forza Italia.



Project financing in sanità? Spettacolo assicurato!


11 dicembre 2017

Ecco a cosa arriva a fare il project financing (ossia la politica inchinata alla finanza attraverso la logica delle partecipate) quando inghiotte la sanità. Cosa significa il project financing in sanità? .

Significa che gli ospedali di 3-4-5 comuni vengono accorpati in un unico ospedale mettendo in ginocchio ogni forma di assistenza sanitaria territoriale.

Significa che quell'ospedale sarà costruito interamente nuovo con capitali pubblici e privati, dove però i privati potranno speculare chiedendo la restituzione del denaro investito con interessi, ma non solo.

Significa che quegli interessi devono saltar fuori anche dai ticket dei cittadini, ma il rischio è alto, perché magari disgraziatamente i cittadini non si curano; vuoi perché ridotti al lastrico dalla politica stessa, o magari semplicemente...purtroppo stanno bene! e non si ammalano neppure con ferree politiche a favore dell'inquinamento! Allora se il rischio è alto il project financing in sanità significa anche che i privati possano investire in esercizi commerciali e pubblicità all'interno del nuovo centro ospedaliero, che sarà perciò appositamente progettato e costruito come un centro commerciale, o perché no, un palasport!

Insomma grazie al project financing ammalati e famigliari hanno un ospedale lontano decine di chilometri da casa da raggiungere come se fosse un multisala, o un centro commerciale, o uno stadio. Non conta più nulla essere condannati a malattie croniche, non conta più nulla essere appesi tra la vita e la morte, non conta più nulla perdere un organo, non conta più nulla entrarci vivi ed uscirci morti.

Project financig in sanità significa che il dolore, la malattia, la morte, devono essere annichilite (trasformate in nulla) iniettando nella mente di ammalati e parenti persino spettacoli folkloristici. Andare all'ospedale deve diventare un esercizio pratico di depressione e apatia attraverso la somministrazione di business e consumo, come in una endovena mentalelenta e subliminale, verso il coma spirituale.

Concludo l'amara riflessione di questo post con un aneddoto personale che ne vuole suggerire sul tema un'altra ancora più amara. Al terzo anno di università alla facoltà di medicina veterinaria durante la prima lezione in aula necroscopica, ossia dove si eseguono autopsie su cadaveri animali, il professore di anatomia veterinaria (un luminare che scriveva testi universitari di neuroanatomia umana per capirci) avvisò: "Presto farà caldo perché siamo nella bella stagione. Nessuno deve permettersi di venire a lezione con calzoni corti al ginocchio o gonne corte sotto il camice, altrimenti starà fuori dall'aula o in tribuna. Questo non per fare un piacere a me, ma per dovuto rispetto alla morte."
Altri tempi? Senz'altro, era il 2003. Ma cosa ne sarà di queste lezioni magistrali di etica medica quando in finincing projecting saranno costruite le Università?


Concerto natalizio presso l'atrio dell'Ospedale Madre Teresa di Calcutta
Monselice (Schiavonia) Padova 

Fusione Comuni del Montagnanese, 2 anni dopo

02 dicembre 2017

Correva dicembre 2015, e la notizia della proposta di fusione dei comuni di Casale di Scodosia- Merlara - Urbana mi fece tornare alla memoria le fantasie con un amico sulle opportunità, in bene e in male, che potevano offrire queste fusioni al montagnanese in genere.
Fantasticai proprio in quel frangente persino sulla fusione di Santa Margherita d'Adige - Megliadino San Fidenzio - Megliadino San Vitale- Saletto. Progetto questo che pure si sta realizzando ora in Quattroville (il nome ideale secondo me sarebbe stato Megliadina dei Santi e un po' mi dispiace non averlo potuto suggerire, non essendo residente, nei sondaggi indetti dai comuni interessati).
La cosa che veramente allora sognavo con queste opportunità di fusioni, però, era la speranza di veder nascere e crescere una partecipazione sempre più forte dei cittadini montagnanesi verso le scelte amministrative, e ovviamente insieme a un crescente coinvolgimento delle amministrazioni elette verso i cittadini. 

Insomma due anni fa gettavo uno sguardo al futuro dei nostri territori con occhi grillini e non sognavo solo una fusione "sulla carta" dei nostri territori (tra l'altro avrei personalmente coinvolto anche Montagnana nella mia ipotetica Scodosia montagnanese, ma sono ancora convinto che avverrà prima o poi e sarà Montagnana a bussare alle nuove porte della Scodosia). Sognavo bensì una fusione profonda, di affinità elettive culturali, una fusione di mentalità che inglobasse il turismo, nuove formazioni artigianali e manifatturiere (pensando al legno, o alla canapa). Sognavo tutto questo sulla base rigorosamente di una democrazia diretta per le nostre comunità già attuabile allora (anche senza Rousseau).

A distanza di due anni non so quanto questo sogno si sia realizzato. Forse un po' sì, stando alla stampa che parla di referendum imminenti questo mese per confermare queste realtà nei nostri comuni. Forse poco invece, a sentire il vissuto di alcuni amici e parenti residenti. Purtroppo non posso basarmi su altri dati essendomi trasferito da Montagnana pochi mesi dopo quel dicembre 2015 e non avendo più percepito direttamente l'evoluzione di queste fusioni. 

Forse ho sognato troppo io due anni fa (...e poiché sognare troppo fa male è stato un bene che mi sia trasferito).

Eppure, concludo, il bello è questo. Sono appassionato a tutto questo processo, e ancora mi batte il cuore a seguirlo, perché la mia meraviglia oggi è che quello che sta succedendo nel Montagnanese, in miniatura, è il riflesso di quello che sta succedendo nella nostra quotidianità e nel mondo intero. Inesorabilmente. Ovunque. Siamo ormai tutti quotidianamente trascinati a dare un nuovo nome a qualcosa, di continuo. Stimolati a ripensare, a riformulare, sperando di migliorare. La rete globale sta creando una nuova coscienza globale.
Non fatevi perdere questa occasione cari cittadini. O cari amici. O meglio ancora cari fratelli. Si sta fondendo tutto, piano piano, ovunque. Fino ad oggi, da un anno all'altro, questi sono stati semplici vaneggiamenti di un grillino che implorava di guardare #oltre, ma domani lo faranno i vostri figli, che parleranno altre lingue e non avranno più passaporti e torneranno a casa solo per non vedere l'ora di ripartire, verso altre case. Domani davvero sarà #TuttaUnAltraStoria.

Partecipate, partecipate, partecipate. Se non riuscirete a masticare, digerire, e accrescervi con la globalizzazione, sarà la globalizzazione a ingoiarvi vivi, o presunti tali: muti verso altre lingue, ciechi verso altre case... in una solita storia.

#inaltoicuori #arivederFusioniStellari

50 sfumature di Principe Azzurro


25 novembre 2017

Un Principe Azzurro che bacia senza consenso la bella addormentata nel bosco pare abbia urtato la sensibilità di una mamma che interpreta il messaggio fiabesco come propedeutico ad atteggiamenti molesti del mondo maschile verso quello femminile. E ha ragione questa mamma a sollevare perplessità morali giacché è risaputo ormai che l'immaginario femminile contemporaneo è permeato da 50 sfumature di Principe... ed è un oltraggio che in questa fiaba si neghi ogni facoltà di scelta.



IL DIVERSO. A scuola di apatia, depressione e schizofrenia.


19 novembre 2017

Micidiale la deriva della propedeutica occidentale che emerge da questo racconto. In un colpo solo si vuole rendere apatici verso la sofferenza animale, deprimere ogni tentativo di empatia verso la variabilità naturale, e portare a conclusioni schizofreniche invertendo il vero col falso. In altre parole come distruggere l'intelligenza emotiva collettiva (sindrome ADS). I messaggi subliminali iniettati con questo racconto sono molteplici. Innanzitutto si vuole legittimare l'essere umano ad abusare degli animali per i propri banali capricci. Inoltre il pretesto degli animali è solo un veicolo per dimostrare fatti che in natura non si osservano (cani che succhiano latte alle gatte) o che se mai si osservassero sono eccezioni e in quanto tali, per definizione statistica, deviazioni estreme dalla normalità.



L'ambientazione di questo racconto non è surreale tipica delle favole. L'ambientazione è realistica e non a caso. Si vuole propinare di proposito una realtà fittizia e farla passare per realtà vera. Si racconta una realtà "falsa" per farla passare per "normale". Una pura mistificazione della realtà per bypassare a tavolino proprio il concetto di "normalità" e sostituirlo nell'inconscio con quello di "diverso". L'inganno sta nel fatto che la normalità in natura esiste tanto quanto la diversità ma non possono essere sostituite l'una con l'altra, perché sono concetti distinti. Il vero scopo di questo giochetto è togliersi proprio il problema di discutere "l'anormalità" che affianca "la normalità", facendo intendere che "il diverso" sostituisce ogni distinzione.
Il finale del racconto infine è una lezione magistrale di sofisma alla luce di quanto è narrato prima: si inserisce il colore della pelle come pretesto  per rinforzare la falsità precedente spacciata per vera, associandola a una verità etica invece consolidata (ossia che è sbagliato discriminare per il colore della pelle). Poiché sono i finali dei racconti a dettare la morale di tutta la narrazione, nel finale si usa una situazione specifica del tutto sconnessa con il quadro generico fino a quel momento raccontato per giustificarlo a livello inconscio, e deviare "l'imperativo morale".
Il vero scopo di questo racconto quindi è indurre lo spirito critico infantile al "relativismo" (tutto è diverso: non esiste la normalità né la deviazione dalla normalità),  e alla supremazia umana sulla natura che la può schiacciareper i propri comodi.
Questo racconto indurrà lo spirito critico di questi bambini, da adulti, a legittimare come normale l'aborto o la sperimentazione embrionale (gattini fatti sparire), nonché utero in affitto e adozioni "deviate dalla norma" (cani che succhiano latte alle gatte).

Sarà la Storia a dimostrare se sarà più imponente il genocidio in vivo fatto da propagande come quella nazista che hanno mistificato in senso estremo il concetto di diverso, o il genocidio in vitro fatto da propagande come queste (gender?) che lo sta mistificando nel senso opposto. Certo come sempre nella Storia sarà chi difende la natura e lo studio scientifico delle sue verità a contrastare ogni estremismo, per amore della normalità.

Da Sanremo ad Harvard passando per la massoneria

16 novembre 2017

Nel suo ultimo singolo Oh, Vita! Jovanotti si vanta testualmente di non avere una laurea ma poter insegnare a Harvard. Si riferisce alla sua conferenza tenuta nel 2010 "Musicians & Human Rights: A Conversation with Lorenzo Jovanotti".
Certo tutti lo ricordiamo nel 1999 insieme a Ligabue e Piero Pelù cantare "Il mio nome è mai più". Ad Harvard però dieci anni dopo ci è finito solo lui. Come pure, 15 anni dopo, solo lui dei tre è stato invitato a riunioni paramassoniche internazionali (Bilderberg e/o affini) di cui egli stesso si vanta in un'altra conferenza universitaria all'ateneo fiorentino nel 2015. Fatalità la Firenze di Matteo Renzi che Jovanotti ha più volte appoggiato politicamente (all'opposto contrario di Piero Pelù), anche quando il suo governo si è dichiarato incostituzionale, sostenitore di guerre e finanziatore di armamenti. Lo avete più sentito Jovanotti denunciare le bombe buttate dal 2001 ad oggi in Afganistan, in Iraq, in tutto il Nord Africa dalla Libia alla Siria o in Ucraina o nello Yemen dove ancora fanno stragi di civili, famiglie, scuole? No vero? Allora forse molte cose si spiegano. Va sottolineato infine che il finanziamento di tanto attivismo artistico è stato rivolto a ONG quali Amnesty International ed Emergency, finite talora in scandali o accusate di ambiguità o contraddizioni con i loro comportamenti no profit.


Insomma si vanta di esser salito in cattedra ad Harvard il nostro jovanotto. Proprio quella che ha sfornato JW Bush. Che a dire il vero è la stessa che sfornò anche JF Kennedy, ma col senno di poi evidentemente morta con lui.
Concludiamo questo post proponendo lo spezzone di un intervento promozionale di Jovanotti e Piero Pelù del loro brano, in una trasmissione di Celentano, nel lontano 1999. Di nuovo, valutando la differenza tra le giustificazioni di Jovanotti e quelle di Pelù, tutto si spiega perché questi due artisti abbiano fatto una fine così diversa, poi.



Referendum Catalogna 2014-2017...tre domande

02 ottobre 2017


Ecco come sono andati gli ultimi due referendum sull'indipendenza in Catalogna:

2014 - affluenza 35% SI 80%
2017 - affluenza 41% SI 90%

Entrambi gli esiti non sono stati riconosciuti dal Governo spagnolo in seno alla Costituzione spagnola che riconosce la Spagna "unica e indivisibile".
(fonte wikipedia Catalogna)

Sorgono spontanee tre domande.
Domanda numero uno. I cittadini chiedono l'indipendenza perché vogliono dividere territori unici e indivisibili, o perché sono stanchi di chi li governa?
Domanda numero due. E se fossero i cittadini a scriversi la Costituzione (come hanno fatto in Islanda nel 2010 ma guarda caso ancora arenata in Parlamento) sparirebbe ogni esigenza dei cittadini di referendum indipendentisti?
Domanda numero tre:
2020? - affluenza 60%? SI 100%?
...con o senza manganelli e bombe a mano?








Italiani, l'invidia di essere schiavi

09 09 2017

Non ho scientificamente dubbi che il male di fondo nel popolo italiano sia questo: abituato storicamente ad essere schiavo di padroni lontani, pretende che lo straniero in Italia sia trattato da schiavo al suo stesso modo. Così oggi l'italiano vuole che gli stranieri paghino lo stesso balzello di tasse che paga l'italiano, non abbiano i servizi di cui l'italiano non gode, siano esauriti dalla stessa burocrazia che deprime gli italiani, siano schiacciati dalla stessa finanza schiavista che schiaccia gli italiani. E così via. Questa è la rabbia che ha l'italiano verso gli stranieri: non vederli trattati come loro dai padroni lontani.
Invece di far valere legittimamente la propria sovranità popolare, esautorando qualsiasi padrone da ogni potere con la partecipazione politica riprendendo controllo del proprio territorio, dei propri valori, della propria esistenza... si limita a maledire i padroni lontani per le loro preferenze sugli schiavi.

Il popolo italiano non ha la minima idea di cosa significhi la libertà.  Non ha la capacità di volerla non avendo neppure quella di immaginarla. Ecco il male di fondo del popolo italiano: l'impostazione mentale, l'educazione, la cultura, di concepire le catene come un abito di lusso.


Il governo errante di Howl...

 23 luglio 2017


Il famigerato decreto Lorenzin sui vaccini è da poco passato al senato ed è prossimo al vaglio della camera. Il caos imbarazzante che ha provocato questo decreto ignobile è qualcosa di sensazionale in una camera formata da appena 300 parlamentari. Chissà cosa accadrà prossimamente quando il vaglio passerà ai circa 600 deputati, dove le opposizioni sono molto più agguerrite e vincolanti. Probabilmente compariranno le altrettanto famigerate (e fuorilegge) tagliole da parte dei "capi" seduti in presidenza per bypassare la democrazia e far rispettare il termine ultimo di approvazione della legge (6 agosto) in barba a qualsiasi opposizione. Ciò è già avvenuto in passato e non deve stupire. Ma non deve neppure demoralizzare. Perché quello che ha dimostrato e dimostrerà il decreto vaccini è qualcosa di davvero importante alla pari di quello che già ha dimostrato l'esito del referendum costituzionale. Quello che emerge infatti e che il governo con le sue fonti informative (giornali e telegiornali) fa di tutto per oscurare, è l'enorme partecipazione popolare per informarsi e riappropriarsi di diritti umani e civili sempre più violati e calpestati dai poteri forti politico-finanziari. La gente comune in Italia sta aprendo gli occhi, informandosi attivamente, e si sta rendendo conto dell'enorme abbaglio della politica avuto negli ultimi decenni. La gente comune, capace di spirito critico, sta dimostrando di poter fare rete con le proprie voci e le proprie azioni.
Per quanto poi la strada sia ancora lunga e in salita (lo dimostra il caso PFAS in Veneto con le difficoltà delle class action) occorre essere ottimisti, e respirare a fondo in questi primi passi di nuova coscienza collettiva. Occorre ora fermarsi ad osservare il vecchio sistema, quello che vorremmo superare, quello che ci ha voluto rovinare il futuro al punto da mettere le mani su intere nuove generazioni, quello che in nome di falsi ideali per un illusorio benessere consumistico ci ha rubato il tempo, ci ha rovinato le relazioni e l'ambiente, ci ha distrutto la salute. Osserviamo il modo in cui questo vecchio sistema, facendo finta di niente contro tutti e tutto, credendosi all'avanguardia e in forma smagliante, sta arrancando e barcollando dentro le sue stesse istituzioni, tentando attraverso le sue stesse pseudo-riforme e pseudo-urgenze passi più lunghi delle proprie gambe fatiscenti, in modo convulsivo e schizofrenico, alla maniera di un castello errante di Howl. Ecco può essere molto saggio fermarsi ad osservare come il vecchio baraccone stia crollando su se stesso accelerando il proprio disastro quanto più accelera con le proprie azioni per recuperare l'irrecuperabile, ossia il controllo totale sulla vita delle persone nell'era dell'informazione globale condivisa. Non servirà così arrabbiarsi e inveire, né deprimersi né avvilirsi contro chi a forza di causare mali, sta crepando da sé. Forse conviene davvero per un attimo respirare a fondo, rendersi conto del grande passo avanti che abbiamo compiuto tutti, come comunità globale, e ricaricarci davanti al vecchio che sta passando, fuori controllo dall'agonia. "Avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza, tutto il nostro entusiasmo e tutta la nostra forza" cit. Beppe Grillo


Lavoro e reddito nelle contraddizioni del Papa

28 maggio 2017


Guardate gli uccelli del cielo:
 non seminano, non mietono, 
non raccolgono in granai, 
e il Padre vostro celeste li nutre. 
Non valete voi molto più di loro?
Matteo 6,26

"L’obiettivo da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti, perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti".
Papa Francesco 

Ebbene il lavoro oggi significa usare tempo, risorse ed energie per convertirle in denaro al fine di sopravvivere, senza alcuna attenzione a impatto sull'ambiente, impatto sulla salute, impatto sulle relazioni, ritrovandosi sopravvissuti morti viventi. E' forse dignitoso questo?
Poi si predica bene e si razzola male: le istituzioni religiose esercitano qualche attività tale da chiamare lavoro forse? E non hanno esse stesse un reddito minimo garantito?
Allora è un po' come quando danno lezioni sul matrimonio, ma non possono sposarsi. Ma non è questa forse ipocrisia?

Allora no, i veri motivi per cui le istituzioni del profitto finanziario, tutte, da quelle politiche a quelle religiose, sono ossessionate che i popoli possano liberarsi dal lavoro in una società post-socialista automatizzata come quella contemporanea, diventando così davvero liberi da ogni schiavitù (e la schiavitù serve per imporre lavoro ad altri) li trovate descritti in questo studio antropologico.

Vale la pena poi tener presente che se è in atto una migrazione sostitutiva di popoli  organizzata dalle medesime istituzioni, è proprio perché interi popoli troppo emancipati da nuove forme di economia money-free  devono essere rimpiazzati lentamente con nuovi popoli mossi da bisogni primari impellenti, vero motore del consumismo e della ricchezza finanziaria sempre delle suddette istituzioni.

Non ci si dimentichi mai cosa c'era scritto all'entrata dei campi di concentramento e lavoro forzato nazista: "Arbeit macht frei" - Il lavoro rende liberi. Non si tratta macabra satira militare, ma vera e propria filosofia politica improntata sullo spazio vitale oggi sopravvissuta nella concezione di un nuovo ordine mondiale di stampo finanziario.


La differenza tra essere vivi o semplicemente accesi

12 maggio 2017


Può stupire fino a terrorizzare pensare che vent'anni fa un computer batteva l'uomo a scacchi (cosa inevitabile trattandosi di una macchina inventata per il calcolo), ma stupisce solo perché l'informatica è una tecnologia recente. Se si pensa invece che le prime auto ai primi del '900 non superavano la velocità di un cavallo stupisce il contrario, ossia che una macchina non potesse nella sua origine superare la natura.

Questa diversa reazione umana avviene perché a differenza dell'informatica, le applicazioni tecnologiche di meccanica e termodinamica sono da secoli collaudate, e diamo per scontato che un'auto superi un cavallo.
Le generazioni future dunque,  per le stesse ragioni, non saranno stupite dalle cose che oggi ci terrorizzano. Ma soprattutto capiranno che nessuna macchina per quanto sarà collaudata ad essere potente con i calcoli non inventerà mai alcun gioco per divertirsi con essi. Così come nessuna macchina per quanto corra a differenza di un cavallo avrà mai un proprio scopo per farlo.
Ecco la differenza tra essere vivi, o essere semplicemente accesi.


SINGOLARITA' Ma quale?






L'opportunità di un like...



06 aprile 2017

Inghiotte tutti la spasmodica ricerca di consensi virtuali in rete. Dal comune cittadino allo youtuber di successo non dà scampo. Inghiotte tutti e tutto, dalla partita di pallone alla strage di innocenti. Per vedere like e condivisioni si è pronti a dire le frasi più scontate in assoluto, quelle che vanno sempre bene ovunque, semplicemente perché ennesimo riflesso surrogato di una surrogata opinione pubblica collaudata da decenni con i frame giornalistici. Interventi che non solo non aggiungono nulla alla comprensione di un fenomeno, ma lo polverizzano in scontatezza (preludio all'indifferenza).
Allora bene che nella neonata era informatica tutti scoprano la sacra libertà di seminare il proprio pensiero, ma sarà il momento prima o poi anche di chiedersi cosa si sta seminando e su che terreno?
Un rabbino disse "Ho trascorso la mia vita tra i saggi e non ho riscontrato nulla che sia per l'uomo migliore del silenzio". Il silenzio. Ottimo preludio per studiare semi e terreni.











Tramonto televisivo del Mito del Gran Lavoratore

07 marzo 2017

Ed ecco puntualmente ritornare, propinato dal main-stream mediatico, il mito del gran lavoratore. E' importante, in una repubblica come quella italiana fondata sul lavoro, rinforzare nel popolo la convinzione che il fondamento dell'esistenza si basa sul sacrificare per il lavoro l'esistenza stessa.

All'alba del terzo millennio, mentre stanno prendendo eco le voci di una imminente disoccupazione di massa a causa dell'automazione, di economie alternative a quella finanziaria, dell'impellenza di un reddito di base universale, il mito del gran lavoratore che ha accompagnato decenni di boom economico nell'imminente dopo guerra sta emettendo gli ultimi gemiti.

L'inno al lavoro in ora televisiva di punta non a caso è stato proferito dal Gentiloni di turno ricalcando pari pari il Berlusconi di turno degli ultimi vent'anni. Personaggi del secolo scorso ormai tramontati insieme al potere finanziario che rappresentano. Potere che ha portato al collasso il Pianeta e per questo dunque destinato a collassare, inevitabilmente, sia trovandone un'alternativa sia proseguendo dritto sul suo vicolo cieco dell'autodistruzione.

Merita attenzione però l'osservazione sollevata dal blog di Beppe Grillo per voce di Luigi Di Maio. Non è mai stato approfondito e mostrato in prima serata cosa faccia in quelle 12 ore di lavoro Gentiloni, quale sia il contenuto del suo lavoro e quali effetti pratici stia producendo (non si può neppure esser maliziosi che si trattenga come faceva Berlusconi fino a tarda notte... con le nipoti di Mubarak).
Il mito del gran lavoratore poggia proprio su questa ideologia: non importa con il lavoro che compi tutti i giorni quanto stai distruggendo l'ambiente, la tua salute, la tua persona, i tuoi affetti, la tua famiglia, il tuo prossimo. Niente di tutto questo. Dalla tv in prima serata all'ultimo bar di periferia tutto quello che conta è l'ostentazione di un semplice numero: quante ore sacrifichi la tua esistenza sull'altare del lavoro.
Per cosa e per chi, siccome alla tv non lo chiedono, non serve al momento chiederselo neppure al bar.


Quando correre non andava di moda...


06 febbraio 2017

Ho ricordi di aver iniziato a correre per sport che avrò avuto circa  quattro anni giocando a pallone con i ragazzi più grandi del quartiere, in un campo incolto dietro la chiesa del mio borgo in fondo alla via dei nonni, in una zona oggi satura di complessi residenziali.
Era metà anni 80. Da allora la corsa ha accompagnato ogni fase della mia esistenza, con poche sporadiche pause, tipo un crociato da aggiustare o altre convalescenze.

Ha significato tantissime cose correre. Innanzitutto la possibilità di uscire e osservare il mondo che ti circonda, da vicino. Una campagna, un centro abitato, un fosso, una zona industriale, un argine di un fiume, una spiaggia. Ovunque sapevo di pernottare per qualche notte, ho portato scarpe e tuta per approfittarne anche di una sola mezzora. Cortona, Parma, Morrocoy, Ko-Samui, Posina, Casalmaggiore...e poi chissà dove non ricordo, perché non si parla di questi anni recenti dove appena si ha il tempo di correre dietro casa, ma di anni 2000, anni 90, anni 80.
Correre ha significato evasione, curiosità, e tanta, tanta spiritualità. Le più belle sensazioni di estasi nella mia vita le ho provate pregando, correndo, e in un mix delle due cose... ossia ballando.
Correre ha anche significato profonda disciplina verso se stessi, perché per correre come dio comanda devi rispettare riposo e dieta. Appena adolescente, la corsa ti induce a farti una cultura strepitosa su alimenti, nutrizione, fisiologia del ritmo sonno veglia. La corsa ti insegna ad essere davvero medico di te stesso già in giovane età.
E così correre può diventare questione di vita o di morte, tanto che arrivano i giorni che senti che se non esci a correre, potresti dare di matto, vedendo i muri di casa come una gabbia.

Ora potrei stare ore a dire cosa rappresenta per me la corsa analizzando come è evoluta nei decenni della mia vita. Vorrei invece fare anche alcune considerazioni su come ho visto evolvere la corsa da parte della società in questi stessi decenni. Perché emergono atteggiamenti umani davvero curiosi e indicativi di tante accezioni tutt'altro che... sportive.

Negli anni 80-90-2000 uscire per farsi una corsa era una pratica esclusiva di qualche giovane sportivo che andava ad allenarsi. D'inverno si vestivano tuta e scarpe da ginnastica vecchie (quelle non più buone per andare a fare ginnastica a scuola) e via... l'aria fredda che passava sulla pelle sudata tra quei larghi manicotti pochi l'hanno sperimentata. D'estate poi bastava un paio di pantaloncini corti e maglietta (ed esteticamente quelli di quegli anni non erano proprio il massimo da esibire!). Insomma andare a correre in quegli anni era una pratica riservata a pochi temerari con lo spirito di Rocky Balboa (vedere una ragazza correre negli anni 80-90 era un miraggio...).

Negli ultimi dieci anni invece c'è stato un fenomeno che ha rivoluzionato tutto. Un fenomeno che strano a dirsi non ha nulla a che fare con lo sport in sé, ma puramente stilistico. L'entrata in commercio di indumenti sintetici per lo sport ha stravolto l'immaginario collettivo, portando un'intera generazione di più o meno giovani, senza distinzioni di sesso, a praticare il jogging o il running.
L'allestimento di tute e scarpe tecnicamente all'avanguardia e molto confortevoli ha dato slancio a un'iniziativa banale che prima per molti era solo un tabù, ossia uscire per farsi una corsa! Inutile negarlo che dal punto di vista estetico questo vestiario è davvero allettante. Elasticizzato, permette di mettere in mostra forme e linee. Colorato poi di vivacissimi colori diventa divertente e piacevole indossarlo e vederlo indossare. Si può ben capire quanto sia occasione stimolante per la mente esibizionista dell'uomo contemporaneo, uscire così vestiti per andare a farsi una corsa o anche solo una camminata.



Fatto è che le corse dietro casa in appena un decennio hanno tanto preso piede (letteralmente!) che sono esplose ovunque iniziative ludico-sportive più o meno dilettantistiche in materia di running, coinvolgendo decine, centinaia, migliaia di persone.
Insomma è bastato rivoluzionare il modo di vestirsi, per rivoluzionare in senso globale la percezione che si ha di una delle cose più belle della vita: correre!

Ben venga tutto questo dunque. Purtroppo però, non è tutto oro quello che luccica. Persino nelle più banali questioni sportive (e questa non è la globalizzazione bellezza, ma l'economia della finanza)

Occorre rendersi conto che l'elastano, come ogni altra fibra sintetica usata per questo genere di indumenti, ha un impatto ambientale tremendo. Praticamente le sostanze sintetiche che vestiamo da decenni, sono anche sostanze che finiscono in forma microscopica nelle acque dopo i lavaggi, e nell'aria una volta smaltiti in inceneritore. Finiscono sul lungo periodo anche negli alimenti giacché l'aria e l'acqua sono in continuo riciclo con la terra. Negli acquedotti ormai allarmano sempre più non solo i livelli di metalli pesanti, ma anche di sostanze plastiche. La generazione del pile deve ancora rendersi conto del prezzo che pagherà la moda sintetica... in termini salutistici.
Ad esser precisi ci sarebbe da considerare anche l'effetto tossico diretto subclinico al contatto diretto, ma non è questa la sede per tali approfondimenti.

Allora c'è da chiedersi: possibile che nel III millennio una rivoluzione tanto bella quanto quella che porta intere comunità a movimentarsi, debba essere un camuffamento di sostanze tossiche? Possibile che si debba essere causa di inquinamento persino attraverso banali pratiche sportive?
Possibile che non ci siano le vie giuste per vivere in modo rispettoso della natura?
Evidentemente c'è soluzione a tutto questo da ben prima che iniziasse il problema, ma altrettanto evidentemente non se ne ha consapevolezza.

Ulteriore prova di tale inconsapevolezza, è stato osservare in questi decenni un altro aspetto inquietante del running moderno. Lo racconto con un aneddoto. A metà anni 90 un amico di famiglia, in viaggio, lamentò il lutto improvviso di un carissimo amico di lui. "Stroncato da un tumore fulminante che gli ha preso i polmoni. E pensare che non beveva, non fumava, e ogni altro giorno macinava chilometri correndo...vedi che assurda la vita?". Ero adolescente e questa disgrazia mi toccò molto perché lo trovavo un inspiegabile controsenso. Fu poi studiando dieci anni dopo la fisiologia del sistema respiratorio all'Università che capii: la sfortuna della vita di quel tale fu praticare jogging in pieno centro di una delle metropoli più inquinate del mondo già a metà anni 90.
Le PM10 che respira un runner tendono infatti ad entrare molto in profondità alveolare, e a concentrarsi in quantità molto più grandi a livello polmonare, che non in un comune passante con respirazione superficiale. Per assurdo allora, esistono quotidianità nelle grandi città dove può risultare più deleterio e malsano fare sport che non avere vita sedentaria!
Quanto diffusa oggi, a distanza di vent'anni, è la pratica di andare a correre proprio nelle ore serali, a fine giornata lavorativa, quando l'aria è carica di smog dell'intera giornata? E quanto pericoloso può essere correre persino nelle periferie di campagna, sempre più trafficate e dove tra l'altro stanno spuntando da anni impianti a biogas con digestati di dubbia origine?
Molto meglio preferire dunque le prime ore del mattino per andare a correre. Non c'è un gran pubblico cui esibire un completo sgargiante da running... ma la fatica di alzarsi prima è compensata dall'aria più salubre, dalla quiete mattutina, e talvolta da un'alba mozzafiato.

Concludere questa disamina con "si stava meglio quando si stava peggio", quando cioè farsi una corsa con tute sgualcite di cotone era una sfilata non proprio di moda che pochi avevano il coraggio di intraprendere, beh sarebbe riduttivo e da stolti.
Dovremmo pretendere di vivere in una società dove chiunque, maschio o femmina, giovane e meno giovane, si sente a suo agio a correre in qualsiasi ora della giornata e al massimo dei confort, tecnici ed estetici, ma completamente ecocompatibili e sostenibili.
Il prezzo da pagare per avere tutto questo invece, purtroppo, è enorme. Perché prevede un cambio di mentalità totale nel concepire la produzione, il consumo, il tempo, il lavoro. E questa sì, purtroppo, ancora oggi, non è una corsa per tutti.


Da Scenari Economici a Sceneggiati Politici...


11 gennaio 2017

Scenari Economici
sono un gruppo di intellettuali, accademici, professionisti di giurisprudenza e finanza (che usano come sinonimo di economia per il fatto che di economie non ne conoscono altre) che da anni curano il blog omonimo.
Molto competenti nelle loro materie, sono sempre stati presi nella massima considerazione dalla rete, nonché dalle istituzioni stesse con le quali si sono professionalmente interfacciati.

Un bel giorno tuttavia, non si accontentano più di far da consulenti più o meno gratuiti in un blog, e decidono di entrare in politica. Come mai questo salto? Forse convinti che se dei comuni cittadini organizzandosi in un movimento politico nato da un blog sono riusciti a sedersi nelle massime istituzioni, per loro super esperti sarebbe stato un gioco da ragazzi? O forse per puro spirito competitivo con quei medesimi comuni cittadini che hanno secondo loro hanno tanto bisogno di apprendere lezioni di finanza e legislazione, quanto di prendere lezioni di politica?

Non possono esserci altri moventi di questi due, altrimenti lor signori (più o meno attempati) super competenti in preda a puri moventi civici, avrebbero preso l'iniziativa di fare tutto ciò molto prima di quel manipolo di cittadini in movimento (più o meno sbarbatelli).
O forse chissà, qualcuno di loro ha creduto a suo tempo in una escalation nel M5S a prescindere considerandosi super competente di tecnicismi, senza sapere (né capire si deduce) che la competenza è accessoria nel M5S: la prerogativa è l'onestà.

E sono così onesti costoro che appena fondato il loro partito Alternativa per l'Italia -ALI (a loro detta però movimento) cominciano a inveire contro i loro concorrenti, tutti, partiti e movimenti (essendo loro un mix evidentemente). Insomma di punto in bianco, da relatori ospitati da partiti e movimenti indifferentemente per trattare delicati temi di legislazione finanziaria, a cinici e spietati concorrenti politici.

Gli sgambetti tesi pur di veder cadere a terra quei principianti del M5S al solo fine di strapparne l'elettorato, ormai non si contano più. Esempi concreti? Hanno fatto credere che il referendum "per uscire dall'euro" del M5S intendesse letteralmente l'uscita dall'euro, mentre era semplicemente la pretesa di un diritto di esprimere una volontà popolare, al fine di agire d'ufficio successivamente. Hanno gridato buffone quando Di Maio ha pranzato con una delegazione in cui comparivano membri della trilaterale, come se non fosse normale amministrazione per chi ha ruoli politici interfacciarsi con la finanza internazionale, se non altro per esporre le proprie posizioni in merito (cosa avrebbero detto allora di San Francesco che faceva visita al Sultano durante la terza crociata?). Hanno gridato al lupo al lupo! quando Mario Monti si disse stimare il portavoce in UE il portavoce Borrelli (come se bastasse dire baldracca a una donna per dimostrare che lo è).
Il tutto condito da offese gratuite ed infantili, ora buffoni, ora idioti, ora ebeti, ora abboccafessi, e chi più ne ha più ne metta.

Perché tutto questo? E' solo pura intolleranza da parte di super esperti che si vedono surclassati da comuni cittadini nelle massime istituzioni, o è magari strategia per accalappiare quell'elettorato capace solo di inveire contro il M5S, in quanto "loro avrebbero fatto, fanno, e faranno sempre meglio"?

Ecco, questa è la fine che fanno i maestri super esperti in preda all'invidia competitiva nel vedersi surclassati da comuni cittadini. Disprezzo e rabbia gratuita poi considerando che quegli stessi onesti cittadini al comando vogliono eliminare ogni burocrazia legislativa e finanziaria, linfa vitale per taluni maestri super esperti.

Chi potrà mai spiegare a lor signori che per arrivare alle massime istituzioni partendo da un blog occorre genio, pazienza, ed umiltà? Chi? Chi se la loro emancipazione è demonizzare un'azione politica senza mai averne avuta esperienza in merito? Si presentino alle elezioni, prendano un numero di europarlamentari, e poi vediamo con quel numero cosa fanno. Ecco in quel caso ci penserebbero su prima di denigrare od osannare l'azione politica di altri.

Altro che Alternativa per l'Italia. Propongono ALI in politica e non hanno ancora imparato a stare in piedi da soli.





Befana VS Halloween (invidie religiose consumistiche)

06 gennaio 2017

All'epifania cristiana è usanza pagana bruciare un fantoccio che allude a una vecchia strega. Forse richiami ai roghi inquisitori? Certamente il richiamo alla morte violenta è paragonabile a certi costumi carnevaleschi di Halloween. Solo che la Befana bruciata al mondo cristiano piace, mentre i costumi macabri allegorici di Halloween scandalizzano. Questione di marketing? Di sicuro il business che gira attorno all'Halloween "cristiano protestante" è imparagonabile rispetto a quello che gira attorno alla Befana "cristiana cattolica".
Allora forse questo diverso sentimento è solo invidia finanziaria. Forse le guerre di religione tra i vari cristiani non sono finite, sono solo cambiate. Non versando più sangue, in quanto controproducente al consumismo, si toglie valore all'esistenza. Perché arrivare a banalizzare la morte è segno che la vita ha fallito.