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Concorso UNA RELAZIONE PER IL FUTURO. Open source: free come libero, free come gratuito





ORDINE DEI VETERINARI DELLA PROVINCIA DI SAVONA

Bando di concorso

Premio una relazione per il futuro


Il Premio: per ricordare i colleghi iscritti al nostro Ordine prematuramente scomparsi l’Ordine dei Veterinari di Savona ha pensato che esiste un solo modo efficace, quello di guardare al futuro, guardare alle nuove generazioni come grande risorsa da valorizzare per far progredire sempre più la nostra professione nel rispetto dei valori tradizionali che ci contraddistinguono. 
Una relazione per il futuro: una relazione per il futuro è quello che abbiamo pensato di cercare. Non ci possiamo permettere di guardare solo indietro o di fermarci, dobbiamo continuare ad innovare dando spazio ai giovani più preparati.Per dettagli:



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INDICE

PREMESSA
"Una relazione per il futuro"?  Partiamo da uno sguardo al presente 
   - Una trasformazione già in atto…ne siamo “coscienti” e ne siamo a “conoscenza”?
   - Una categoria bistrattata 
   - Sfidare il futuro e non lasciarsi sfidare dal futuro

Uno sguardo al futuro: il veterinario europeo e la realtà locale

   -Il veterinario europeo garante per l’ambiente
   -Garanti per l’ambiente, garanti di se stessi.

Toccando il futuro: le professioni touch-screen a disposizione di cittadini in-formazione continua

   - Smart-cities e crowd-sourcing
   - L’informazione e la formazione
   - OPEN-SOURCE…free come libero, free come gratuito

CONCLUSIONI







PREMESSA


Guardare alle nuove generazioni come grande risorsa da valorizzare per continuare a innovare, per far progredire sempre più la nostra professione nel rispetto dei valori tradizionali che ci contraddistinguono,,


Questa relazione vuole prendere come punto di riferimento di analisi e riflessione proprio il riferimento a quei valori tradizionali che ci contraddistinguono. E vuole assumere come prioritari in tal senso l’etica professionale all’insegna della scienza e della coscienza. Questi, a mia personale discrezione, sono i valori tradizionali che ci devono contraddistinguere.
L’obiettivo non è ovviamente una disamina filosofica-epistemologica su questi pilastri concettuali (etica- scienza-coscienza), ma tentare di comprendere come etica, scienza e coscienza siano professionalmente vissute nell’era dell’informazione di globale, della formazione digitale, e non da ultimo della crisi politico- finanziaria mondiale la cui genesi, non a caso, risale a una “crisi di valori” di più ampia portata, che oltre alla sfera economica coinvolge la sfera sociale e la sfera esistenziale.




"Una relazione per il futuro"?  

Partiamo da uno sguardo al presente



Una trasformazione già in atto…ne siamo “coscienti” e ne siamo a “conoscenza”?


La società sta evolvendo su due binari. Uno scientifico-tecnologico, l’altro politico-economico. Sono binari che si influenzano a vicenda. Eppure la loro interazione è quasi sempre indecifrabile. Corrono a volte in parallelo, a volte si incrociano, vanno a velocità sicuramente diverse, e addirittura spesso in direzioni opposte.
Sul binario scientifico-tecnologico si viaggia in accelerazione,  e ha raggiunto oggi fortissime velocità. Le sue direzioni sono l’automazione (il lavoro robotizzato), l’informazione digitale che annulla spazi e tempi, l’auto-produzione in stampa 3D, la formazione digitale a distanza. Tra i vantaggi indiscutibili che porta in seno possiamo riconoscere l’informazione libera “open-source(sul concetto di free torneremo più avanti) e lo sviluppo di tecnologie di alta precisione che possono compensare l’errore umano, sfruttabili laddove il lavoro umano comporta rischi e pericoli, o per produrre e riciclare in modo ecosostenibile.
Lo svantaggio più eclatante invece è la sua velocità evolutiva, cui la forma mentis umana fatica a tenere il tempo. Questo appare anche un paradosso: lascia perplessi che l’essere umano non sappia essere al passo con le sue creazioni. Ma in effetti, questo è un controsenso apparente. Perché questo disagio di adattamento ha cause socio-politiche.
Sul binario socio-politico si viaggia infatti a velocità costante. Talvolta si è fermi su strutture organizzative secolari. La direzione presa da quel binario punta alla staticità; all’autoconservazione di classi sociali precostituite e immobili, renitenti a ogni cambiamento sostanziale. E ogni tentativo di riformismo politico è finalizzato in realtà non a cambiare le regole del gioco, ma semplicemente a dare un nome diverso allo stesso gioco per favorire ora l’una ora l’altra classe, in un circolo vizioso di clientelismo spesso auto- referenziato.

Sono dunque due binari con dinamiche distinte. Di regola salvo eccezioni, sul primo viaggia a proprio agio la generazione nativa digitale prossima a compiere vent’anni alla fine di questo decennio, prossimi neolaureati. Di regola salvo eccezioni, sul secondo viaggia a proprio agio la generazione nativa analogica dell’informazione radiotelevisiva nata nel secondo dopoguerra ( generazione “pitone” cit. Beppe Severgnini).
L’approccio al mondo reale e al mondo virtuale (separazione epistemologicamente fittizia) delle due generazioni è caratterizzato inevitabilmente da differenze sostanziali immense, a causa dell’assoluta novità in termini di linguaggio, di strumenti di comunicazione, e di impatto psicologico ed emotivo. Questo ha creato una sorta di incomunicabilità tra le due generazioni in molti ambiti sociali. Con frequente chiusura o scontro di mentalità.

Ma bisogna anche tener conto di una generazione a cavallo tra le due, cui appartiene anche il sottoscritto. Una zona grigia ancor più indefinita nelle caratteristiche, poichè ha assorbito pregi e difetti, vantaggi e svantaggi dell’uno e l’altro imprinting analogico e digitale. Questa generazione tuttavia proprio perché è maturata con il linguaggio, gli strumenti, la psicologia e l’emotività di una e l’altra generazione che la precedono e la succedono, può (e deve) svolgere una mediazione tra le due. Per far progredire sempre più la nostra società nel rispetto dei valori tradizionali che la dovrebbero contraddistinguere.
Questo concorso, in quest’ottica, offre al sottoscritto l’opportunità di assolvere questa “chiamata”. Questo è il ruolo che sono convinto può e deve avere la mia generazione. Un ruolo di transizione tra mentalità, prima ancora che professionali, di approccio all’esistenza. 

Nel 2012
partecipando a una rassegna simile indetta dalla FNOVI: Concorso di idee, Giovani veterinari per  la FNOVI, “La politica è l’arte di vivere bene assieme” (cit.Aristotele) ho così introdotto il primo paragrafo: Considerazioni biologiche. Il pianeta su cui viviamo e che si vuole presumibilmente preservare nelle risorse naturali, in quanto indispensabili alla nostra sopravvivenza biologica prima ancora che di categoria professionale, si stima si sia formato [etc] Il tentativo già da tre anni è pensare la veterinaria in modo nuovo, ma non per cambiare da soli come categoria, ma per cambiare e trainare al cambiamento tutto il mondo libero professionale: un cambiamento sinergico interdisciplinare. La trasformazione è in atto nella società prima e di riflesso lo sarà anche nella nostra professione. Siamo al passo in scienza e coscienza con questa trasformazione? Ne siamo consapevoli e ne siamo a conoscenza? Ecco il mio rinnovato contributo per stimolare l’intera categoria a diventare protagonista di questa evoluzione.


Una categoria bistrattata


Vi è una trasformazione già in atto. Siamo costretti tuttavia ad esserne per varie ragioni (politiche e culturali) spettatori passivi, e non attori.
Già nel presente siamo una classe intellettuale bistrattata politicamente. Un esperto addestratore cinofilo ha più eco mediatica di un veterinario comportamentalista. Gli abusi di professione dall’opinione pubblica sono delegittimati a senso unico: uno psicologo che relaziona a un seminario sulla conduzione del cane e del gatto in vacanza per evitarne gli stress senza alcun affiancamento (quanto meno!) di un medico veterinario, non scandalizza quanto scandalizzerebbe sentire un veterinario a relazionare sullo stress dei proprietari; uno psicologo specializzato in terapia con i fiori di Bach che offre consulenza retribuita per la sua applicazione sugli animali domestici non desta preoccupazione quanto ne solleverebbe un veterinario (specialista in MNC) che consiglia un rimedio omeopatico ad un amico. 

Si possono indentificare
responsabilità politiche o dell’opinione pubblica di questa situazione, ma prima occorre guardarsi allo specchio e riconoscere le nostre come categoria professionale. Forse sono riconoscibili segni di torpore intellettuale derivanti dal fatto che il prestigio della nostra categoria, dagli anni 60-70, vive di rendita sull’immaginario collettivo. Dagli anni cioè di quel boom economico che hanno reso possibile lo sviluppo della figura professionale del veterinario specializzato nella cura degli animali da compagnia, considerati discutibilmente beni di lusso” proprio in concomitanza di quella florida fase socio- economica della storia italiana, esauritasi a fine anni ‘90.
In questi decenni il veterinario è diventato il lavoro sognato da quasi tutti i bambini. Un mestiere glorificato per la sensibilità vocazionale e ambitissimo per il ruolo eretto a paladino della cura degli amati animali.
Forse come categoria ci siamo adagiati su questo piedistallo. Forse ci siamo viziati di questa percezione della collettività. Tanto che, una volta ottenuti i sudatissimi pezzi di carta della laurea e dell’abilitazione alla professione, ci accontentiamo di questa gloria e ci accomodiamo, senza più sentire di avere qualcosa da dimostrare alla società. Senza esigere di veder valorizzato e premiato il preziosissimo contenuto del ricchissimo bagaglio culturale che tra le professioni intellettuali, ancora oggi, non ha eguali. Sia per la quantità di discipline in cui siamo formati, sia per la qualità intrinseca che le caratterizzano essendo implicate sulla salute pubblica, in ogni loro ambito.
Bagaglio culturale tra l’altro dal valore inestimabile sul piano intellettuale giacchè forgia una forma mentis predisposta alla multidisciplinarietà, valore aggiunto sempre più richiesto e ormai fondamento della scienza moderna, e più che mai dall’ambizioso approccio "one health - one medicine".


Sfidare il futuro e non lasciarsi sfidare dal futuro


Viviamo ormai una società evoluta che ci permette di controllare al minimo dettaglio ogni ambito dell’esistenza. Dalla fecondazione artificiale al controllo climatico passando per gli esodi di massa a fini demografici speculativi. E la professione veterinaria? Che sfida sta lanciando questa società alla professione veterinaria?
Vorrei per un’occasione tentare di ribaltare questa prospettiva, osando pensare una professione veterinaria che smette di farsi sfidare e lancia essa stessa una sfida al futuro, programmando una transizione sociale, economica e culturale trainante per la società contemporanea.




Uno sguardo al futuro: 

il veterinario europeo e la realtà locale




Il veterinario europeo garante per l’ambiente

Bruxelles, 10.9.2014 COM(2014) 558 final 2014/0257 (COD)
'' [...] revisione della direttiva 2001/82/CE e di altri atti legislativi sui medicinali veterinari è in linea con i principi stabiliti nei programmi di lavoro 2013 e 2014 della Commissione. La proposta intende istituire, tutelando nel contempo la sanità pubblica e animale, la sicurezza alimentare e l'ambiente, un corpus legislativo aggiornato e proporzionato, adeguato alle specificità del settore veterinario […] ,, 

Si prospetta che la figura del medico veterinario sarà in futuro considerata a tutela non solo della salute pubblica in modo diretto, ma anche indiretto attraverso la salvaguardia dell’ambienteEntriamo per un attimo in una situazione attualissima di catastrofe ambientale in atto, per renderci conto della portata di questa responsabilità. 
Nel 2013 è scoppiato lo scandalo di inquinamento da sostanze plastiche (teflon) per-fluoro-alchiliche (PFAS) in un area che comprende tre provincie del Veneto sudoccidentale (Vicenza, Verona, Padova) e coinvolge più di 350 mila abitanti. L’acquedotto e le falde acquifere risultano contaminate dall’emissione di queste sostanze da parte di una società multinazionale (Mitsubishi-ENI) come refluo depurativo nella lavorazione dell’impermeabilizzazione delle pelli (inquinamento ambientale iniziato in realtà forse già alla fine degli anni 60).Gli organi preposti alla tutela della salute pubblica (ASL, ARPAV, Sindaci) da subito hanno rassicurato sulla potabilità dell’acqua, essendo i livelli riscontrati nell’acquedotto appena sotto la soglia di tollerabilità indicati dall’ISS (diversi tuttavia da quelli indicati dall’EFSA, con soglie più alte). Tuttavia molti pozzi domestici fanno rinvenire limiti anche tre volte sopra la norma.
Poiché queste sostanze si sono dimostrate pericolose per la salute umana in diverse analisi sia sperimentali che di campo (neoplasie e altre patologie endocrine e neonatali) si sta tentando una class-action dei cittadini diretta da comitati locali e medici per l’ambiente (ISDE) e supportata da ARPAV e amministrazioni locali.
Di fronte a questo panorama, quale ruolo può rivestire il medico veterinario? Se si pensa che gli animali da reddito assumono quantità colossali di quell’acqua, convertita poi in alimento, e che quotidianamente gli animali da compagnia pure vengono abbeverati attingendo dall’acquedotto, si fa presto a comprendere come possa essere determinante il monitoraggio in termini di epidemiosorveglianza messo in atto dal mondo veterinario, sia ufficiale che libero professionale.

Una considerazione strettamente personale in linea con questa relazione per il futuro nell’ambito veterinario, in riferimento a questo contesto di tutela ambientale sempre più minacciata dall’uso di sostanze sintetiche, è la seguente.
Nella pratica clinica degli animali domestici tocchiamo con mano casistiche di quadri patologici sempre più riferibili a sindromi indefinite che non a malattie precise e specifiche (sindrome epilettica o simil-epilettica, sindromi da malassorbimento, sindrome autoimmune, sindrome neoplastica…). Nell’ambito del rilevamento di agenti tossici nei tessuti biologici, la rincorsa all’allestimento di test pratici, praticabili e affidabili appare sempre in ritardo rispetto alla loro massiccia nuova introduzione nel circolo produttivo consumistico. 
Anche mettendo i vari protagonisti della prevenzione sanitaria nella condizione di perfetta sincronia per agire tempestivamente, con efficienza ed efficacia, per assolvere il loro ruolo (cosa al momento lontana, a mio avviso, dall’ideale realizzabile) non è comunque una sconfitta, da cittadini,
riconoscersi causa di un ambiente avvelenato? Anche qualora avessimo i meriti di aver assolto il nostro lavoro in modo egregio, identificando e monitorando un inquinamento ambientale, non rimaniamo parimenti fruitori e potenziali vittime di un disastro ambientale, come cittadini?Dobbiamo interrogarci cioè, con onestà intellettuale, se il vero punto di riferimento di ogni professione sanitaria, il vero “valore tradizionale che la contraddistingue”, sia davvero esclusivamente la prevenzione. Perché allora la vera domanda che ci si deve porre davanti a una catastrofe come quella dei PFAS è: come è possibile che per un trentennio si sia accumulato un inquinamento disastroso del genere, senza che le autorità competenti lo abbiano previsto, monitorato, ed evitato?
La risposta, posta più volte, anche dai veterinari ufficiali, è stata: “Non ne avevamo gli strumenti”. Dunque permettere l’uso di sostanze sintetiche a effettivo contatto con acqua e alimenti, impossibili da monitorare, non è stata prevenzione.
Questa è la conclusione da trarre in questa specifica situazione, ma sovrapponibile a molte altre realtà in tutta Italia, in Europa, nel mondo. Questa è la testimonianza non di una disgrazia, ma del fallimento di un modello, qualora questo modello si pone come obbiettivo la prevenzione della salute, del benessere, dell’ambiente. Ed è questo il modello che negli ultimi decenni ha trasformato tra l’altro la medicina preventiva, in medicina difensiva.

Stiamo dunque percorrendo la strada giusta per essere coerenti con la futura definizione della professione veterinaria europea?

Davanti a questa drammatica e triste ammissione, tuttavia, vorrei rimarcare che la figura professionale veterinaria ha tutte le potenzialità per essere presa come punto di riferimento per un cambiamento epocale dell’intero mondo professionale.
Sulla scia di dimostrazioni pratiche a titolo di esempio, cito un’altra situazione di disagio ambientale ai confini della Terra dei Pfas dove si è distinta, almeno in partenza, la figura del medico veterinario. Ad esser stato incaricato come responsabile di una indagine epidemiologica sulla popolazione residente nelle vicinanze di una discarica e di un impianto di compostaggio, e che analizzerà i dati di un periodo decennale su un’area intercomunale che riguarda decine di migliaia di abitanti, da confrontare con quelli dell’intera provincia di Padova, è un dirigente veterinario dell’ULSS locale.


Garanti per l’ambiente,  garanti di se stessi.


Siamo esperti di indagini epidemiologiche sul danno delle malattie. Ma quale impatto ha sull’ambiente l’attività biomedica in genere, veterinaria compresa? Esiste forse una indagine epidemiologica sul rischio-beneficio delle indagini mediche (diagnostiche, terapeutiche, preventive) sulla salute di uomo, animali e ambiente? Se il processo di monitoraggio e controllo di una patologia a gravità X diventa causa diretta o indiretta di unaltra patologia a gravità X+1+10+100, con distribuzione sovrapponibile o talvolta addirittura più endemica e impattante irreversibilmente sull’ambiente, quale ratio può giustificare questo processo? Nella società occidentale attuale, questa ratio è esclusivamente economico-finanziaria. La diagnosi, la cura, la prevenzione di ogni malattia è vincolata e guidata da esigenze e propositi economici finanziari. 
Il mondo scientifico negli ultimi decenni ha subito al pari di ogni settore lavorativo quella trasformazione politicamente indotta che ha previsto la sostituzione del finanziamento pubblico con quello
privato. A guidare e vincolare una tendenza diagnostica, terapeutica e preventiva è sempre più il monopolio finanziario multinazionale, e sempre meno la finanza pubblica. Sempre per volontà politica, infatti, a livello di Unione Europea, la finanza pubblica nazionale è stata, è e sta per essere progressivamente depotenziata a causa della cessione di sovranità monetaria, che ha previsto la solvenza del debito pubblico interno (di natura fittizia relativamente alla moneta nazionale) a una banca centrale europea (con aggiunta di interessi). Valutando che la stampa della moneta (di proprietà bancaria centrale per trattato europeo) è stata negli ultimi 15 anni finalizzata ad alimentare il tessuto degli investimenti della finanza speculativa e del circuito multinazionale delocalizzato, e non ad alimentare il tessuto della produzione localizzata (PIL, prodotto interno lordo), ne risulta che l’unica fonte di finanziamento per il mondo della sanità pubblica (così come per la ricerca universitaria) è quello privato (project-financing) multinazionale, che gode invece delle coperture finanziarie elargite dalla banca centrale europea e di cui ha la stessa natura socio-economica privatistica.

Il quadro che emerge quindi è una società regolamentata ormai da
logiche di stampo lobbistico internazionale che trascendono il piano locale di stampo ordinistico tipico delle professioni intellettuali. Gli ordini professionali sono stati istituiti nel secondo dopoguerra per avere uno scopo meramente intellettuale di salvaguardia delle prestazioni professionali nel mercato del lavoro, pubblico e privato, a garanzia di un esercizio condotto eticamente con scienza e coscienza.
Oggi invece gli ordini professionali si ritrovano da una parte direttamente a gestire finanze stratosferiche (Federazioni Nazionali, Casse di previdenza privata) e dall’altra a dirigere direttamente o indirettamente le lobby finanziarie che guidano la politica locale, nazionale, e internazionale.

Questo è il conflitto di identità (e per certi aspetti di interessi) cui è soggetto il mondo professionale dove i vertici dirigenziali e la base degli iscritti vivono in mondi così lontani da apparire ormai paralleli. E quel che è peggio separati da una incomunicabilità causata dal trasformismo della società su stampo economico- finanziario, da cui sono stati inghiottiti.
Gli ordini professionali, dunque, che pure hanno struttura lobbistica ma con scopi intellettuali-culturali, si sono ritrovati nell’arco di qualche decennio addosso abiti lobbistici di altra natura. Abiti cuciti su misura però non per il complesso dei loro iscritti, tanto meno per le esigenze di cittadini che in queste stesse dinamiche socio-economiche degli ultimi decenni, si sono ritrovati nel complesso sempre più indebitati e sempre più poveri economicamente (anche se sempre più ricchi di informazioni a riguardo). 
Riassumendo fin qui. Dobbiamo recuperare un dialogo con noi stessi, in quanto cittadini prima ancora che
professionisti dentro la spirale in evoluzione dell’Era informatica appena iniziata. Dobbiamo recuperare un dialogo con l’ambiente che ci circonda, per essere seriamente responsabili della sua salvaguardia, e non solo di facciata. At least but not at last, dobbiamo recuperare un dialogo tra colleghi per comunicarci, in scienza e coscienza, come sogniamo di cambiare.



Toccando il futuro: 


le professioni touch-screen a disposizione 


di cittadini in-formazione continua




Smart-cities  e crowd-sourcing


Gli scenari urbanistici con fasi di sperimentazione decennali in metropoli come Tokyo e New York si presume che saranno prima o poi realizzati anche nelle città italiane. La smart-city prevede un’applicazione della rete internet e della multimedialità ai servizi urbanistici tali da essere, al caso necessario, fruibili e funzionanti. Dalla connessione internet al self-service 24h, dal noleggio di biciclette all’evento turistico o perché no, alla prestazione specialistica veterinaria più vicina. Tutto istantaneamente alla portata di mano sul proprio smartphone o fruibile su postazioni touch-screen ogni altro angolo delle piazze centrali. Tutto questo in continua evoluzione grazie al continuo feed-back rilasciato dai fruitori (crowd-sourcing) monitorato dagli addetti ai lavori per migliorare i servizi e le prestazioni della propria città, sotto ogni punto di vista: dalla sicurezza alla cultura, dalla sanità all’evento ricreativo.
Questo scenario è alla base di un fenomeno che ancora sfugge al senso comune, pur essendone lo scheletro invisibile: l’intelligenza collettiva
Gli individui di una comunità possono essere interconnessi tra loro alla stregua di neuroni che formano il tessuto nervoso, dove le connessioni non si chiamano assoni ma fibre ottiche. Il risultato è una città che produce
informazioni e le scambia al fine di migliorare e ottimizzare le prestazioni dell’organismo che costituiscono.
Come saranno i futuri ambulatori veterinari, nelle prossime smart-city? Come interagiranno i nostri clienti per consultare, fruire e recensire le nostre prestazioni?


L’informazione  e la formazione


L’informazione digitale è perciò alla base della rivoluzione in atto che coinvolge il nostro stile di vita sotto ogni aspetto. Una tematica molto critica della professione intellettuale in genere, è la formazione continua. Il mondo digitale sta rivoluzionando tutto l’ambiente formativo. Dalla scuola all’università, fino alla libera professione.
Filosofie di insegnamento alternative fondate sul libero apprendimento (scuola libertaria, home-schooling) stanno prendendo sempre più piede. Dopo una iniziale fase di titubante sperimentazione, anche l’e- learning ormai è diventato una realtà affermatissima pure per i livelli di scuola superiore ed universitario (khanacademy , konoz).
La cosa sorprendente su cui dobbiamo iniziare a riflettere, è che questi fenomeni sono nati e si stanno sviluppando sul criterio dell’open-source. L’accesso libero e gratuito. Questo è completamente controtendenza alla direzione di quel binario sociopolitico prima descritto, che tende a sussistere esclusivamente con e per la finanza speculativa.
Binario che al momento, rispetto a queste soluzioni reali per un progresso eco-compatibile, ha solamente sfornato scelte obbligate per le professioni intellettuali, che vedono svendere e svilire la propria professionalità sulla gara al ribasso delle tariffe imposto da quelle multinazionali che, come è avvenuto per quasi tutti i lavori indipendenti, stanno inghiottendo nei propri circuiti anche le libere professioni (vedasi i casi di AmicoDentista o di veterinari Group-on).


OPEN-SOURCE…free come libero, free come gratuito

Una società funzionale, a misura di cittadino digitale per e con il cittadino, una società che punta alla ridistribuzione dei redditi tramite il reddito di cittadinanza per ottenere infine una globalizzazione sana e progressista libera dal denaro, dal sottoscritto è stata auspicata e suggerita già nel 2012 nel Concorso di idee FNOVI. A distanza di tre anni, a fianco della delusione nel non vedere alcun cambiamento in tal senso in seno alla medicina veterinaria o alle libere professioni in genere, un’immensa soddisfazione è stata comunque trovata incrociando nella rete delle idee progetti socio-economici che programmano il futuro in tal senso, quali il Venus-Project (resourced based economy), The Free World Charter, Money Free Party, PopoloUnico, e il Principia Cybernetica Project ispirante il saggio per il Concorso di idee 2012 FNOVI stesso.
In un contesto attuale invece di professione ancora inserita in un modello di società fondata su prestazioni retribuite con il denaro, tuttavia, ho avuto la fortuna di trovare soddisfazioni professionali ad esempio attuando un approccio multimediale all’offerta di prestazioni (consultabile sul mio sito professionale alla voce Consulenza on-line) o sperimentando tecniche alternative per la contenzione di cani aggressivi (vedi La contenzione del cane problematico).
L’aspetto che mi preme mettere in luce però è che non avrei mai potuto realizzare alcun progetto suddetto, senza database di consultazione open-source, ossia free inteso come libero (come ad esempio il portale Wikipedia) e free inteso come gratuito (come ad esempio il portale Wix).
Questi sono solo banali esempi per dare un segnale che la strumentazione per un cambiamento c’è, il suo uso sano secondo i principi dell’etica professionale è possibile, manca però la percezione condivisa tra diverse generazioni che questa strumentazione occorre applicarla per perseguire fini superiori all’interesse finanziario e alla vanità lobbistica.

 


CONCLUSIONI


Guardare alle nuove generazioni come grande risorsa da valorizzare per continuare a innovare, per far progredire sempre più la nostra professione nel rispetto dei valori tradizionali che ci contraddistinguono,,



In questa Relazione per il futuro si è voluto rilevare qualche lineamento di questa società contemporanea in continua evoluzione. Si è tentato di descriverne approssimativamente le dinamiche scientifico- tecnologiche e socio-politiche. Si è cercato tra le righe di individuarne potenzialità e limiti.  Tutto questo per comprendere che la società è già in transizione verso nuovi modelli sociali ed economici.
Si tratta di esserne consapevoli (coscienza) e a conoscenza (scienza). Dapprima come cittadini, e poi come categoria professionale.
Siamo davanti alla sfida se questa transizione prenderà la direzione di una degenerazione perversa sul piano etico ed umanitario come minacciano i programmi di nuovo ordine mondiale accennati (ma mai delucidati) anche dalle istituzioni superiori (Presidente della Repubblica Italiana e Presidente del Consiglio), oppure prenderà la direzione di un progresso sociale ed economico eco-sostenibili ed eco-compatibili, incentrato sulla cultura dell’open-source, svincolato dal profitto finanziario e da anacronistiche lotte di classe.
Siamo come categoria e come cittadini davanti alla sfida di gettare nuove fondamenta sui valori tradizionali che ci contraddistinguono, ponendo a guida della scienza e della coscienza solo ed esclusivamente l’onestà intellettuale nella ricerca della verità (che non è da possedere, ma solamente da trovare) e della libertà (che citando il sommo cantautore Giorgio Gaber non è un’opinione, ma è partecipazione).

Ponendo fiducia sulle future generazioni digital native di cittadini interessati alla partecipazione per lo sviluppo della straordinaria materia che è la medicina veterinaria, in tutta onestà intellettuale, io non posso non crederci che ci riusciremo.



31 ottobre 2015






Premio assegnato alla relazione dal titolo: 
"Caso di Sindrome di Cushing associata ad Euthyroid sick sindrome"