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E se Mattarella si dimettesse?

30 maggio 2018


Don Abbondio è forte con i deboli (Renzo e Lucia, i promessi sposi) e debole con i forti (Don Rodrigo, il "signore"). Mattarella è forte con il popolo ridotto al lastrico dalla finanza europea, e debole con i "Signori" della finanza europea.
"Questo matrimonio non s'ha da fare". Così è stato ordinato e lui esegue. Tra l'altro lo stesso criterio con cui la curia del 600 sceglieva i prelati "per il basso" (non a caso i Padre Cristoforo di turno sceglievano altre strade...) è stato imposto dall'UE per far eleggere Mattarella.

Negli ultimi 20 anni (anche se ricordiamo solo le ultime) l'UE con il suoi poteri finanziari ha imposto all'Italia riforme costituzionali e leggi elettorali tali per cui si sono formati Parlamenti fuori legge capaci di autolegittimarsi fuori legge, arrogandosi sempre più potere e togliendone agli elettori, trasformati dal potere mediatico finanziario in un'entità appestata (giusto per rimanere in tema manzoniano) sotto il nome di "populisti".

Ed eccoci qui oggi. Mattarella è stato eletto da un parlamento incostituzionale e per di più con un iter di votazioni di dubbia legalità. Lui non può che fare gli interessi di chi ha realizzato la sua nomina, ecco il senso di quanto da lui eseguito fino ad oggi.

Eppure per mano di quella sorta di Provvida Sventura l'intero progetto sta crollando, in Italia, proprio per mano di portavoce del popolo.
E' successo che a suon di coerenza, trasparenza ed onestà, stanno uscendo tutti gli scheletri negli armadi di quel castello di maschere di carta, e perfino la massima istituzione che Mattarella riveste ha dimostrato ufficialmente di essere suddita della finanza europea, e non della volontà popolare espressa attraverso il voto ormai costituzionalmente insignificante in Italia, sia formalmente che sostanzialmente.

E' successo che quegli stessi cittadini hanno l'occasione a questo punto di mettere all'angolo il nostro Don Abbondio, facendogli cogliere un'occasione non solo di remissione, ma di riscatto verso il ruolo che riveste, con il proprio nome e la propria faccia.
L'occasione di dimissioni, che trasferirebbe la prima carica dello Stato al Presidente del Senato, incaricato a formare il nuovo Parlamento appena eletto democraticamente il 4 marzo per nominare un nuovo Presidente della Repubblica, finalmente degno quindi di essere scaturito, a differenza di Napolitano-bis e Mattarella, da una vera espressione di rappresentanza del popolo.

L'occasione di dimissioni sarebbe giustificata in modo dignitoso da parte di Mattarella già per il motivo di aver più volte fallito con il suo ruolo la formazione di un governo di fiducia per gli italiani e i loro rappresentanti, oltre che per i mercati internazionali. L'attuale Presidente della Repubblica avrebbe così modo di uscire di scena senza rendere torto ad alcuno, dall'una e dall'altra parte, e per di più conquistandosi un decorosissimo posto d'onore negli annali della Storia d'Italia.

Meno dignitoso sarebbe se Mattarella arrivasse a tale risoluzione indotto da un impeachment.
Proposto dal M5S, questo necessita dell'appoggio dalla Lega per vederlo approvato in maggioranza alla discussione parlamentare. Successivamente lo stato d'accusa avrebbe bisogno di maggioranza assoluta parlamentare per essere attuato, e questo certamente non sarebbe reale allo stato attuale.
Ma basterebbe anche solo una maggioranza parlamentare espressa a favore dello stato d'accusa per fornire il segnale istituzionale a Mattarella di non essere più una figura credibile in tale ruolo davanti agli Italiani, e al mondo intero.

Nel celebre romanzo manzoniano non proprio tutto finisce per il meglio, ma il male sembra dare una direzione (difficile dire senso) al bene per realizzarsi. Renzo e Lucia sopravvivono alla peste. Don Abbondio si ammala e se la scampa, certo, ma dal momento che alla stessa peste soccombe proprio quel Don Rodrigo... quale esistenza gli è mai rimasta da vivere alla luce delle sue scelte?


Impeachment, Eurogendfor, e regola dei due mandati

29 maggio 2018

E se il 2 giugno alla manifestazione del M5S a Roma si infiltrassero organizzazioni violente per degenerare la situazione istituzionale già tesissima? Come reagiranno in UE? L'ingrediente di fantomatiche sommosse popolari aggiunto all'instabilità politica appena creata ad hoc tramite Mattarella (che ricordiamo essere un presidente di dubbia costituzionalità) sarebbe quanto di più desiderato da Bruxelles e i suoi partiti vassalli italiani, innanzitutto per togliere ogni credibilità all'impeachment richiesto dal M5S, poi magari per sguinzagliare l'Eurogendfor e fare pressioni sulla sovranità militare, ma più di tutto per legittimare d'urgenza il governo tecnico appena commissionato fornendo la scusa a PD-FI e paradossalmente anche alla Lega (che sotto sotto forse non vede l'ora di togliersi dai piedi questi grillini che lavorano notte e giorno) di votargli la fiducia.

Infatti inutile credere ai soliti slogan elettorali: la casta Lega compresa non vede l'ora di sedersi sulle poltrone, altro che tornare alle urne, e qualsiasi motivo farlocco o non farlocco è buono: lo dimostra il fatto che la Lega dopo il 4 marzo ha rifiutato un contratto con il M5S per due lunghissimi mesi, accettandolo solo quando l'alternativa è diventata il reale voto a luglio infausto per il centrodestra.
Chi ha poi osservato attentamente Salvini in queste fasi, dal 4 marzo al 28 maggio, lo avrà notato estremamente emancipato e rilassato appena vinto le elezioni al seguito di Berlusconi così come subito dopo l'alt di Mattarella a Conte, mentre estremamente teso ed irritabile nel momento in cui trattava il contratto con il M5S, vedendosi costretto a firmare di fare dal punto di vista pratico quello che per un'intera carriera è sempre stata solo una chiacchierata elettorale.

Ad ogni modo, comunque andrà, sarà il caso che il M5S rifletta sulla riformulazione della regola dei due mandati, perché in Italia non sono sinonimo di dieci anni e se mai si tornasse al voto a breve (che è sempre meglio di un commissariamento europeo a 360°) il ricambio totale di portavoce con esperienza nelle istituzioni sarebbe una catastrofe.
Sarebbe più opportuno consentire ai portavoce eletti il numero di mandati minimo a garanzia dell'intera durata di massimo due mandati. Così se X mandati finiscono in 9 anni per estremo, si può usufruire di massimo un solo altro mandato per raggiungere quota 10 (durata di massimo due mandati) e finire la carriera al massimo con 14 anni di attività, che rispetto a 10 poco cambiano in termini di speculazioni carrieristiche.

Certo loro non mollano, noi neppure, ed è difficile vincere contro chi non si arrende mai. Ma più ci si avvicina alla fine della partita più occorre saggezza e prudenza, tanto in campo quanto in tribuna, e sulle piazze.






Regionali 2018 Val D'Aosta, fantasma mediatico italiano


21 maggio 2018

Se il PD che controlla l'informazione pubblica italiana e Forza Italia che è padrona dell'informazione privata italiana in Val d'Aosta oggi avessero ottenuto le percentuali di Lega e M5S, gli esiti delle ragionali avrebbero avuto la prima pagina sopra ogni altra notizia di formazione di governo, come è avvenuto per il Friuli Venezia Giulia venti giorni fa.
Invece la Val D'Aosta oggi quasi scompare dalla geografia politica italiana, per non mostrare al resto d'Italia che il PD non ha ottenuto neppure il 3% ma soprattutto che Berlusconi-Meloni senza Salvini appena superano il 5%.
Primeggiano invece partiti autonomisti (Unione Valdostana 19%) a seguire la Lega Nord pure autonomista col 17% e quindi a pari merito al 10% il M5S e tre liste civiche, sempre all'insegna dell'autodeterminazione dei popoli.
Si parla di circa 100.000 elettori, certo, ma l'affluenza del 65% poco dopo le politiche è un buon segno soprattutto considerando la concomitanza con la formazione del governo Lega-M5S, che pare aver recuperato la fiducia nella partecipazione al voto dopo la scarsa affluenza dimostrata allo stesso appuntamento appena un mese fa in Molise e in Friuli Venezia Giulia (dove si è risicato il 50%). Ma è un buon segno soprattutto per far capire che la lezione politica magistrale data dal M5S alla Lega in questi ultimi 2 mesi (due mesi: il tempo richiesto dalla Lega ancorata a Berlusconi per accettare la propposta del M5S di un contratto, per cui bastava una settimana) ha dato frutti strabilianti dal punto di vista istituzionale, ma incoraggianti anche per il sentimento popolare.
Poco meno a nord del Friuli Venezia Giulia e un bel più a nord delle Marche, il sengale della Valle D'Aosta è forte e chiaro verso l'UE, e più che mai verso la vicina Francia che forse è la più preoccupata nel vedersi disintegrare il ghiotto miraggio del potenziale feudo italiano, e tutto questo per mano della #SovranitàPopolare degli Italiani al voto, consapevole e coraggiosa.
#GrazieValdostani

fonte foto: Regione autonoma VDA


Gli under-45 italiani, settanta giorni dopo il 4 marzo 2018

16 maggio 2018


Fonte Demopolis: se il 4 marzo 2018 fossero andati a votare solo under 45, il M5S otteneva il 41% mentre la Lega il 19% (Forza Italia non pervenuta).
Ecco perché dopo 60 giorni, pur di non andare a votare a luglio quando gli anziani stanno in casa al fresco, di punto in bianco Salvini e Berlusconi hanno cambiato idea sulle trattative di governo con il M5S.

La cosa bella è che se ora Salvini disattenderà quanto sta siglando nero su bianco con il M5S (ossia con il popolo in diretta) e Berlusconi disattenderà di starsene in disparte, alle prossime elezioni, che sia caldo o freddo, spariranno.

La cosa simpatica è che il PD sarà relegato a fare un'opposizione insignificante, ossia tra di loro. Ed è questione di karma: la loro fine inevitabile.

La cosa sorprendente è che Mattarella potrà solo farsi portavoce dei deliri della Troika che lo ha scelto e a cui non rimane che il terrorismo psicologico, mentre dal punto di vista pratico non avrà altra possibilità di legittimare l'intera linea guida del paese concertata dal M5S.

Tutto questo significa che si sta avverando un sogno di un'intera generazione di under 45 da vent'anni disorientata, imbrogliata, umiliata, dissanguata, massacrata. Il sogno di una società diversa, che non ruba, che non spreca il tempo, che non inquina, che non distrugge le risorse, che non intossica, che non uccide.
Il sogno di un'intera generazione under 45 che non aspetta più che i problemi siano risolti da chi li crea, ma si mette a servizio per governare direttamente e risolvere i problemi semplicemente non creandone più.

Può tentare di fermarla solo un efferato atto di violenza, ma con tutta probabilità non avverrà perché non avrebbe alcun effetto sul lungo periodo. Si può forse fermare una rivoluzione temporaneamente eliminando un leader, ma non si può fermare per sempre un popolo in evoluzione.




"Roma Ladrona la Lega non perdona"... neppure la contabilità

03 maggio 2018


La domanda non è "Cosa rimarrebbe mai della Lega senza Berlusconi?", quello ora è storicamente dimostrato dai primi 50 giorni dopo le elezioni politiche del 4 marzo 2018.
La vera domanda è: dove sono andate a finire in questi decenni le valanghe di denaro della Lega? Solo nelle bocche e nei capricci dei loro esponenti politici stile Trota o Belsito?
Pensate che il voto cieco alla Lega dell'intero nord Italia sia andato a questi politici per la fiducia sulla loro capacità di mangiarsi i soldi più efficacemente di Roma Ladrona, o per la fiducia sulla loro capacità di infilarli nei propri circuiti bancari, nelle associazioni di categoria delle piccole medie imprese dell'agricoltura e dell'artigianato (ossia tre quarti dell'intero elettorato del nord-est), nelle CCIAA, perfino in quella parte del clero apertamente schierato?
Queste sono le medesime logiche dopotutto che hanno reso il PD primo partito in una delimitata area tosco-emiliana, ossia nel regno del cartello clientelare di coop rosse e circuiti bancari del giglio magico (Monte Paschi, Etruria etc).
E poi è statistica, è matematica, è scienza: se in Italia vi è un voto di massa univoco in un territorio estremamente confinato, tanto da compensare quello del rimanente territorio, non può essere il caso. O è un fenomeno religioso di divina fede politica, o è un fenomeno umano, troppo umano (ma non proprio nietzschiano) del voto per interessi lobbistici.
La Lega non perdona, era il monito per Roma. Neppure la contabilità perdona però, e chissà se il monito arriverà alle urne del nord.



M5S-Lega-PD all'angolo, attendendo KO

01 maggio 2018


Rimane una differenza sostanziale tra Renzi e Berlusconi, nonostante il tentativo lobbistico-mediatico di fonderli in un Renzusconi. Forza Italia ovviamente è stata, è e sarà sempre Berlusconi. Ma il Partito Democratico è stato, è e sarà sempre Matteo Renzi?
Questo è il cardine di tutta la messa in scena politica degli ultimi cinque anni e che ha dato vita al Rosatellum, ma questo è anche il nodo venuto al pettine dopo il voto del 4 marzo proprio con il Rosatellum. Ora per la formazione impossibile di un governo tramite questa legge, la Lega dal M5S è stata messa all'angolo del ring smascherandola da Berlusconi, e il Partito Democratico è stato messo all'angolo smascherandolo da Matteo Renzi.
Gli esiti possono essere due. Un arbitraggio non imparziale di Mattarella che permetterà a chi è all'angolo di salvarsi, allontanando il M5S. Oppure il ritorno al voto permettendo al pubblico pagante (e ridotto al verde-rosso da chi è all'angolo) di eleggere il proprio vincitore.