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Esiti elezioni politiche 2022. La morale della favola M5S

29 settembre 2022

Voltando pagina, a mio avviso, comunque la morale della legislatura uscente è questa: nessuno osi più dal basso sfidare la trattativa Stato-Mafia nel suo controllo del paese. 

È il percorso di Luigi Di Maio secondo me la chiave di lettura di questo momento storico italiano. 

La fine di Di Maio la vedo pianificata nei minimi dettagli per far capire che fine fa chi, dopo esser passato per la Trilaterale a testa alta, ha il coraggio anche solo di ipotizzare un legittimo stato di accusa (impeachment) di un presidente della repubblica, per i suoi dubbi esercizi di garante della costituzione verso il governo del paese. Una costituzione demolita, tra leggi elettorali, pareggi di bilancio, DPCM e perfino doppi mandati di quel garante.

Una fine politica e umana indecorosa più che mai se chi ha questo coraggio viene da un movimento di sudditi ribelli, dalla massa di quegli ormai ritenuti inutili consumatori.

La parabola di Di Maio la vedo come una metaforica induzione al suicidio politico per incaprettamento.

Non la stessa fine della dirigenza del M5S, che è scesa a compromessi su tutto eseguendo alla perfezione l'agenda di élite extranazionali, pur con palliativi stile reddito di cittadinanza funzionali a far sentire meno dura una macelleria sociale da ghettizzazione pandemica prima, e da terza guerra mondiale poi.

Fine simile invece per il garante di quel movimento di sudditi. Incaprettato moralmente con il sex-gate del figlio. Ma non un suicidio politico indotto bensì un omicidio morale, dopo l'umiliazione di fargli pagare dopo decenni il recupero del relitto di quel fatale incidente in un dirupo. Recupero l'indomani della ricostruzione di un ponte crollato poco dopo l'insediamento del primo governo di quei sudditi, proprio a Genova, a causa di boati riferiti al sabotaggio di un temporale, dove hanno trovato la morte decine di famiglie, proprio cadendo da un dirupo.

Si volta pagina. Consapevoli che ha vinto facile ancora la Trattativa, al sicuro di elezioni lampo se mai non bastava l'omertà dei suoi sudditi con il loro astensionismo. Consapevoli, chissà se anche rassegnati.



Quella porca differenza tra voto e preferenza

 22 settembre2022

Una caratteristica di queste elezioni politiche 2022 è una spinta propaganda via media attivi (chat, social, blog) di presunte forze anti-sistema (intellettuali, influencer, attivisti...) a favore dell'astensionismo

Si fomenta quella larga parte di cittadini a torto o a ragione scontenti, arrabbiati, nauseati dalla politica, fornendo la percezione di una presunta giustificazione morale per astenersi dal voto, facendo leva però su una abissale ignoranza di fondo, ovvero la differenza tra voto e preferenza, che non sono sinonimi.

Constatare tra l'altro che è proprio su questa epocale ignoranza che i politici riescono a creare tutte le condizioni e comportamenti che innescano poi delusione e rabbia dei cittadini verso la politica, fa emergere l'aspetto più paradossale e triste. 

Proviamo a capirci con una facile metafora calcistica. 

Se uno ha una squadra del cuore con soli giocatori schiappe, va allo stadio e li fischia perché quei giocatori spariscano dalla rosa: non sta a casa. Altrimenti significa che non gliene frega nulla di come gioca la sua squadra, per cui quella squadra può tranquillamente giocare con giocatori schiappe, e lui può tranquillamente starsene a casa a non lamentarsi di alcunché... o al limite prendersela con i muri: non certo con la squadra.

Se quella è davvero una squadra del cuore invece, una questione di identità di cui difendere onore e dignità, non solo non vede l'ora di andare a fischiarle ma non vede l'ora pure di unire il proprio fischio a chi come lui si sente umiliato da tanta incapacità e inefficienza.
Consapevole che il proprio fischio da solo è insignificante come starsene a casa da solo a dare i pugni contro il muro. E ciò anche qualora fossero tutti a casa singolarmente a dare pugni contro il muro.

L'unico comportamento che può indurre un cambiamento, è partecipare comunicando un dissenso collettivo condiviso. 

Stessa cosa in politica con il voto, che ribadiamo non è sinonimo di preferenza. Se quei politici a una moltitudine di elettori fanno tutti schifo, non andare a votare ha lo stesso effetto di stare a casa a dare i pugni contro il muro invece di andare a fischiare durante la partita.

Chi vuole quei politici tutti a casa, va a votare e tira un segno nullo. Un messaggio inequivocabile che se fatto in moltitudine ha ripercussioni chiare e forti. Se si sta a casa, significa che si è indifferenti: quei politici possono tranquillamente continuare a fare politica e governare come hanno sempre fatto. E sono anzi legittimati a farlo in forza dell'indifferenza dei cittadini che potrebbero, ma non hanno neppure voglia, di esprimere un dissenso.

Andare a votare allora non significa andare ad esprimere una preferenza per qualcuno. Andare a votare significa recarsi a dare un segnale. Anche un segno nullo è un segnale. Un voto nullo esprime la preferenza al nulla rispetto a chi si candida. 

Non recarsi a votare significa invece che va bene tutto. Vanno bene anche il cane e il porco contro il quale inveisci dando i pugni in casa da solo. Non andare a votare significa addirittura, paradossalmente, aiutare quel cane e quel porco a governare da solo. Perché ci sarà sempre qualcuno che darà la preferenza a cani e porci di turno, e conteranno solo i loro voti davanti all'inesistenza di voti nulli.

Infine il connotato più ridicolo del non andare a votare pensando sia l'unica via maestra di dissenso: la convinzione che se non si va a votare in massa "il sistema crolla".

Convinzione infondata e consolidata solo da chi abilmente e professionalmente sa fomentare l'ignoranza collettiva, un tempo abilità tipica di tv-radio-giornali ma oggi anche di chat e social. Perché non esiste una percentuale di astensionismo che mette in crisi il sistema: le elezioni politiche (quelle che eleggono i parlamentari) non hanno un quorum.

Non recandosi a votare non si reca alcun danno al sistema. Anzi. Si sa: non votare dà potere solo al voto di scambio politico-mafioso. Chi invita a non votare favorisce solo la rappresentanza delle mafie in parlamento.
La logica è risaputa: se il 90% degli italiani non va a votare, e rimane un 10% che va a votare per tornaconti politico-mafiosi (voto di scambio) significa che quel 10% avrà il 100% del controllo del parlamento.

Ma se quel 90% va a votare in massa esprimendo preferenza a partiti non coinvolti con le mafie se si ha fiducia in qualcuno, oppure preferenza al nulla con un legittimo sacrosanto segno nullo, quelle mafie conteranno il 10%. Ovvero nulla.

A voi la scelta.




Elezioni 2013-2022. L'evoluzione della partecipazione politica

 18 settembre 2022

Vita... Forza del popolo...
Italia sovrana e popolare...
Alternativa per l'Italia...
Italexit per l'Italia...
Gilet arancioni...
Nel 2018 l'unica alternativa al "sistema Italia" (che è vera e propria trattativa stato-mafio-massonica internazionale) era il M5S.
Oggi c'è l'imbarazzo della scelta di alternative. E rispetto al M5S questo è un grande vantaggio per loro, e una grande garanzia per l'elettorato. Sarebbe un peccato, e molto facile che accada, rendere vana però tanta opportunità.
Il vantaggio è che per fortuna, a dispetto di ciò che si son augurati in molti, queste forze non si sono unite in un unico soggetto. Questa era la mossa da fare per prendere più voti, come fu per il primo modello di M5S, che impiegò appena 5 anni per compiere un traguardo utopico: far entrare cittadini comuni nelle massime istituzioni (2009-2013).
Per il M5S fu inevitabile essere "da solo": fu il pioniere di simile impresa storica, non in Italia, non in Occidente, ma forse nel mondo.
Dal 2013 al 2018 il M5S poi, con quei leader e quei portavoce che non ci sono più nel M5S, da solo contro tutto e tutti è riuscito come uno tsunami a salire e diventare forza di governo.
Gli si rimprovera dopo altri cinque anni, oggi, nel 2022, di non aver realizzato al governo ciò che nel 2018 aveva promesso, mentre ciò non è stato possibile perché gli italiani, in maggioranza, hanno scelto con il voto di non fargli realizzare quelle cose.
Non è colpa del M5S esser stato una forza di maggioranza relativa, e non assoluta. La maggioranza assoluta degli italiani nel 2018 è quella che non ha votato o ha votato altro.
Sarebbe stato fantascientifico che il M5S a suon di ponti crollati, pandemie finanziarie internazionali e guerre ideologiche tra potenze nucleari, potesse realizzare governando a braccetto di centenarie trattative stato-mafio-massoniche, più di ciò che ha scientificamente realizzato fino al giorno prima di ponti crollati, pandemie finanziarie e guerre ideologiche.
La più grande eredità lasciata dal M5S quindi non è un programma disatteso ma la consapevolezza in milioni di cittadini che il governo del paese può, e deve, tornare prerogativa esclusiva del popolo, nella classica rappresentanza o in future democrazie dirette. E questa grande eredità si tocca oggi con la presenza di tutte queste formazioni politiche nuove, alternative, oltre al M5S ormai chimera di ciò che era, utile solo a fare da cuscinetto tra i poteri forti e le nuove forze, consapevoli pure che in parte anch'esse sono partorite o saranno inghiottite dal sistema.
La molteplicità infatti può essere, e si spera sarà, la loro forza per non farsi distruggere come si distrugge un nemico singolo, ben definito e circoscritto. Come è stato per il M5S.
Senza tralasciare il fatto che viene meno così anche il potenziale imbarazzo di una ipotetica singola e unica forza di governo paradossalmente al comando di una democrazia, venendo appunto espressa una pluralità di rappresentanze, qualora fossero tutte elette a scapito dei tradizionali partiti capestro, e soprattutto a scapito di un ormai tradizionale ignobile astensionismo.
La cosa più bella è vedere, a distanza di pochi giorni dal voto, queste forze confrontarsi tra loro, ritagliandosi vetrine di informazione attiva, per farsi conoscere e testimoniare la propria presenza, in barba a un sistema di informazione di regime impari e fazioso.
La cosa più bella è immaginare queste forze, di opposizione o di maggioranza relativa, insieme, diventare maggioranza assoluta espressione del popolo nella formulazione e applicazione delle future leggi italiane. Oppure nella nomina di garanti della giustizia, o della costituzione. Maggioranza relativa tra il popolo come è sano che sia in una democrazia rappresentativa, e maggioranza assoluta dentro le istituzioni contro ogni trattativa stato-mafio-massonica.
Sapranno il 25 settembre 2022 cogliere la responsabilità di tale opportunità, a fronte di tale garanzia di rappresentanza, 50 milioni di elettori italiani?