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Salvini e il prete Anti-Salvini: differenza tra fatti e opinioni

22 giugno 2019

Salvini e il prete anti-Salvini ci hanno regalato in questi giorni un perfetto esempio di differenza tra teorie basate sui fatti e teorie basate sulle opinioni.
Praticamente il prete afferma che in base alla legge sulla legittima difesa lui potrebbe essere giustificato ad uccidere Salvini, poiché lo ritiene un "ladro di democrazia".
Ma questa è una personale opinione del prete, non dimostrabile da alcun dato di fatto, tanto che il prete non ha denunciato Salvini affinché sia arrestato portando prove concrete.
E non ha prove a sostegno della sua opinione proprio perché la legge sulla legittima difesa consente di <>.
Ora ritenere il prossimo un "ladro" è un'opinione, mentre rubare o minacciare sono dati di fatto.
Ma questa vicenda è bizzarra non solo per i contenuti ma anche per le formalità. Perché c'è di mezzo un religioso e un politico religioso con in comune la fede verso comandamenti che affermano "non rubare" e "non pronunciare falsa testimonianza - ossia non mentire-". Ebbene il religioso afferma falsità contro il politico poiché di fatto non difende chi ruba!
Anche per questo chiamatela pervertitocrazia.


Vasco e Ligabue Tour 2019. Parallelismi politici

20 giugno 2019

Sulla scena musicale di questo fine giugno 2019 sta risaltando a livello mediatico il successo del tour di Vasco Rossi da una parte, e il flop di Luciano Ligabue dall'altra.
Senza entrare nei particolari per non finire ad indagare su quanti biglietti gratis siano stati regalati nelle loro carriere per riempire gli stadi, si può notare un quadro sovrapponibile sulla scena politica italiana.

I motivi che spingono il sistema mediatico ad esaltare in modo maniacale o all'opposto canzonare in modo ridicolo un artista o un politico rispetto ad un altro, a parità di valore e dignità, sono i medesimi e sono fondamentalmente una speculazione finanziaria.

Vasco con le sue canzoni e con il suo esempio di vita da decenni fa vendere bibite tipo coca-cola, sigarette tipo lucky-strike, superalcolici tipo whisky, oppure omaggia relazioni con minorenni osannando principi di vita spericolata e valori anarchici. Il messaggio di Vasco Rossi per eccellenza è la sospensione della capacità di giudizio davanti alla vita reale. Non vuole insegnare niente a nessuno Vasco, ma la sua lezione è chiara come un'alba: non si devono esprimere giudizi, guai; la bellezza della vita è lo sballo, l'amore vissuto senza cercarne significati, la verità da subire passivamente da tutto ciò che ci circonda. Una canzone rock alla fine è il vero unico rimedio a tutto, rigorosamente da urlare per mandare a fanculo chi rende noiosa la vita con regole, sensi e direzioni: questo risulta stupendo (o stupefacente?) da far venire il vomito.

Ora Matteo Salvini politicamente non incarna certo valori quali l'anarchia e la liberalizzazione delle droghe incitata da Vasco. Ma vi sono in comune stili e metodi che contano molto nell'immaginario collettivo che deve essere nutrito di mode consumistiche. Salvini mira alla pancia e agli istinti come Vasco Rossi: buoni e cattivi da distinguere per una questione di vita o di morte, e il giusto e sbagliato sempre più insopportabili sono cardini della propaganda demagogica leghista (gli spari sopra poi è difficile capire se sono per noi o per voi).
Insomma Matteo Salvini oggi è un po' il Vasco Rossi della scena politica italiana, il Capitano come il Komandante per combattere e lottare contro tutto contro. Indossano entrambi perfettamente le vesti dei paladini che regalano la speranza di uscire da una società che non funziona più, vendendo illusioni come soluzioni, ma questo al pubblico-elettorato pagante non importa: è la regola del loro adorato star-system e il loro imprinting all'economia della finanza.

Con Ligabue invece siamo in direzione completamente opposta. Luciano scrivendo una canzone è capace poi di farti comprare un suo libro. Luciano è poeta ma anche filosofo, penna e chitarra uno strumento solo. Lui mira al pensiero, e se affronta le emozioni lo fa per trovarne una ragione. Luciano Ligabue nelle sue opere usa gli istinti e l'innamoramento per andare oltre, alla ricerca dell'intelligenza emotiva che guida le relazioni, con noi stessi, l'altro e il mondo.

Insomma se la realtà per Vasco Rossi è un uso e consumo fine a stesso, per Ligabue è un trampolino di lancio per cercare significati e sensi. Le canzoni di Ligabue per quanto orecchiabili e dirette tanto quanto quelle di Vasco sono di gran lunga più impegnative intellettualmente e per essere apprezzate forse richiedono uno sforzo mentale maggiore rispetto a quelle più "terra-terra" di Vasco. Sforzi cui nella nostra società non si è più di tanto abituati né disposti a compiere, sia ascoltando musica che impegnandosi politicamente.

Ecco dunque che il parallelismo politico con Ligabue è spontaneo farlo con il MoVimento 5 Stelle, che a differenza della Lega di Matteo Salvini esige un cambiamento culturale prima che politico. Infatti se Ligabue scrive canzoni vendendoti un libro, il M5S ti chiede di votarlo solo se offri partecipazione attiva alla vita politica. La rivoluzione in politica deve essere conseguenza di una rivoluzione culturale, e questa è la sfida più difficile in questa società dell'economia della finanza perché comporta vero anticonformismo (non la sua illusione), una certa emarginazione e impopolarità, ritrovandosi alla fine forse non tutto contro ma la stampa di regime tutta contro di sicuro.

Allora gli stadi un po' vuoti di Ligabue oggi forse sono l'equivalente delle urne un po' vuote dei quasi concomitanti appuntamenti elettorali, dove è calata la condivisione di cause e obiettivi del M5S.
Mentre la popolarità sempre più esplosiva del Blasco è abbastanza sovrapponibile a quella del capitano della Lega, anche se tanto supporto collettivo non si capisce bene se è più merito di artifici promozionali, o più riflesso di una crisi di valori mista a pigrizia mentale collettiva. Ad ogni modo situazioni tristi entrambi, soprattutto considerando che in ballo non ci sono solo canzoni.



E la Lega stravinse con i sondaggi del cuculo

08 giugno 2019

Ebbene sì, si è realizzato quanto auspicato dalla lobby politico-finanziaria italiana (succursale di quella internazionale) fin dal primo giorno di formazione del governo del cambiamento in Italia.

Ossia il successo dell'unico leader in Italia appartenente alla casta in grado di competere contro quel movimento anti-casta che avrebbe vinto senza ombra di dubbio (anche per ammissione della casta stessa) se si fosse tornati ad elezioni al posto della formazione di tale governo.

Nell'arco di appena un anno il potere mediatico è riuscito a dipingere Salvini come il salvatore della patria, vuoi con l'atteggiamento verso l'invasione dei migranti (ad invasione già arginata prima dei suoi interventi) vuoi con l'atteggiamento del "dire di sì ad ogni costo" (anche quando in ballo ci sono sperperi di denari pubblici, inquinamenti mastodontici dell'ambiente, finanche nomine di viceministri leghisti indagati e condannati)

E nell'arco di un anno questa manipolazione mediatica è riuscita a realizzare quanto martellato con sondaggi fantasmagorici, e di cui l'informazione stessa in ultima analisi si dimostrò scettica annunciando sorprese, incredula che potesse davvero funzionare alla perfezione il giochetto.

Invece tutto si è avverato grazie al contributo di un alleato di governo inadempiente delle promesse elettorali su importanti aspetti della vita quotidiana dei cittadini e che riguarda la salute e l'ambiente (si pensi all'obbligo vaccinale, al TAP, all'ex-ILVA). E ciò che è avvenuto è stato un netto calo della partecipazione al voto (56% a maggio 2019 per le europee contro il 72% del marzo 2018), facendo risorgere i partiti con una tradizione consolidata di logiche clientelari (il classico voto di scambio per garanzie o vantaggi in ambito lavorativo) sia in ambito pubblico che privato.

Così, oggi possiamo confermare quale fosse la percentuale di affluenza cui quei sondaggi del cuculo si riferivano e indicata con un punto di domanda.
Hanno vinto loro. Triste ammetterlo ma doveroso e non tanto perché è merito del vincitore questo scenario preannunciato, ma perché è colpa del perdente l'averlo realizzato.