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Coronavirus in Italia... "arriva il nostro"

22 febbraio 2020

In Veneto destano allarme mediatico i primi decessi per complicanza da coronavirus.
Il messaggio mediatico che passa purtroppo è che un virus arriva fino a dove si manifesta con una malattia ed è identificato con un test. Ma la realtà è diversa. Perché i virus esistono in un ambiente indipendentemente dai test che li identificano e dalla malattia che possono talvolta indurre, o dalle malattie che più spesso possono complicare.

Di gente senza sintomi positiva al coronavirus di Wuhan, c'è da star sicuri, ne è già pieno l'intero occidente (Italia inclusa) da settimane, noto l'intenso traffico di merci e persone con la Cina oltre le caratteristiche di questo virus.
Figurarsi in Veneto dove forse 3 bar su 5 sono a conduzione cinese e dalla Cina arriva ogni ora il 90% - a dir poco- di ciò che tocchiamo e su cui qualcuno di Wuhan potrebbe aver starnutito 12 ore prima.
Quindi la realtà è che con virus e altri microrganismi ci si convive da sempre e in una società globalizzata come questa la loro diffusione è un fenomeno parimenti globale.

Ma al di là della globalizzazione che esiste da 500 anni ed oggi è solo naturalmente più veloce, quando si evidenzia una diffusione epidemica di un determinato agente infettivo la sua conferma diagnostica (test) è sempre successiva al suo essersi già attuata, mentre il fatto che un agente non si manifesti (con malattie e test) non significa che non sia comunque presente in ambienti e ospiti: essere sieropositivi significa avere in qualche campione biologico del corpo (prelevato in uno specifico isolato momento) antigeni di quell'agente o anticorpi verso quell'agente ma ciò non rappresenta la presenza o assenza reale del virus nell'ambiente, tanto quanto dentro l'ospite.
Giusto a titolo di esempio, avere gli anticorpi significa che l'agente ha infettato con o senza sviluppo di malattia l'ospite, il quale ne ha sviluppato immunità contro; oppure significa magari che l'ospite ha reagito a una vaccinazione per quell'agente. Fatto è che averne gli anticorpi non significa diffondere l'agente.
Avere gli antigeni invece significa che è riscontrata la presenza dell'agente infettivo, ma di nuovo questo può avvenire con o senza malattia, perché non è detto che venire a contatto con un agente infettivo porti tassativamente alla sua infezione, la quale dipende da svariati fattori relativi a circostanze ambientali, difese dell'organismo, caratteristiche dell'agente (tanto che un siero positivo può divenire siero negativo). Un ruolo determinante poi in questi tre ambiti lo rivestono anche i trattamenti farmacologici assunti, in relazione o meno a quell'agente! Perché il diffuso uso di antinfiammatori ad esempio può rappresentare un fattore determinante nel creare quadri di immunosoppressione assai influente per l'esito di qualsiasi infezione, e un loro abuso per libera iniziativa terapeutica dei pazienti (ma anche per errore medico) possono portare a infezioni cosiddette iatrogene.
Ma il sistema immunitario può essere debilitato anche da patologie pre-esistenti, e una concomitante infezione può portare a soccombere un soggetto che altrimenti la supererebbe senza complicazioni.
Il tipico caso questo è quello che avviene con persone ammalate di AIDS,
 sindrome di immunodeficienza sistemica acquisita (spesso conseguente a tossicosi da abuso di droghe e alcool), e che non è sinonimo di essere sieropositivi all'HIV (ossia a un retrovirus). Costoro possono soccombere per una comune influenza, ossia un comune virus che complica un quadro immunitario compromesso. Ma qual'è la vera causa di morte in questi casi? L'AIDS o un comune virus o battere ambientale? 
Quando si parla poi di agenti infettivi che complicano un quadro patologico che è già compromesso, sarebbe opportuno specificare che quasi mai c'è un singolo agente isolato in una infezione secondaria. Spesso coesistono più agenti infettivi, e capire quale è stato determinante per un esito fatale sembra essere più una questione di formalità che di sostanza. Allora di nuovo, quanto si prestano bene queste situazioni alle speculazioni mediatiche, con la consapevolezza che dietro fenomeni del genere si intrecciano anche quadri di geopolitica-finanziaria intercontinentale?

Ma se
 queste osservazioni non bastano per dimostrare che su questo genere di epidemie si sta speculando mediaticamente per finalità istituzionali-politiche oltre che medico-scientifiche facciamoci qualche altra domanda.

Quanto spazio a esperti della sanità pubblica è stato dato dai media (tv, radio, giornali) fin dall'inizio di questa epidemia e più che mai da quando ha interessato l'Italia? Quanto spazio invece è stato dato a quelli della sanità privata? Per citarne uno, Roberto Burioni, dipendente del circuito ospedaliero-universitario privato San Raffaele s.r.l del San Donato s.p.a, quanto spazio ha avuto nelle emittenti RAI rispetto ai colleghi dipendenti esclusivamente pubblici (non con doppio incarico pubblico e privato, come Fabrizio Pregliasco per citarne uno) e con responsabilità istituzionali sul tema?

Ad essere ancor più maliziosi, come è possibile che i media abbiano dato risalto in queste settimane alla medicina privata che metteva in guardia su normali prassi di prevenzione epidemiologica (come la quarantena) facendo apparire trascuratezza della medicina pubblica nell'attuazione delle medesime? Com'è possibile questa strana sincronizzazione di attenzione mediatica a tali affermazioni da una parte e tal'altre azioni dall'altra?
La malizia appare ancora più legittima se si fa un parallelismo epidemiologico con la situazione innescata dagli obblighi vaccinali nel 2017. Allora si decise politicamente in pochi mesi senza corrispondenti riscontri clinici-epidemiologici di obbligare alla vaccinazione su scala nazionale una singola intera fascia di età prima per ben 12 malattie prima, e poi per 10 consigliandola per altre 4 malattie. Quindi oltre all'inconsistenza scientifica di voler fronteggiare supposte epidemie vaccinando solo una fascia di età con un cocktail di vaccini per malattie completamente diverse epidemiologicamente tra loro, si è sommata perfino l'imbarazzante situazione di veder apparire e scomparire l'urgenza per delle vaccinazioni prima obbligatorie e poi d'incanto facoltative.
Allora quali comportamenti assumeranno mai in biologia questi agenti infettivi per vedere autorità sanitarie prendere iniziative del genere? Perché tanto è insensato impedire frequenza scolastica a bimbi sani non vaccinati quanto non essere cautelativi fin da subito con persone provenienti da situazioni potenzialmente infettive, verso le quali addirittura non esiste -dicono- ancora il vaccino.
Si è praticamente agito come se ci fosse l'intenzione di creare disagi quando non ce ne sono in una situazione, e nell'altra non volerli evitare quando il loro rischio era conclamato e possibile evitarli.

Quali logiche e quali reali obiettivi spingono a comportamenti del genere? Verrebbe da pensare che forse incide un ministro della salute senza competenze in materia sanitaria come quello attuale, tra l'altro di estrazione politica coincidente con quella del ministro della salute a suo tempo responsabile degli obblighi vaccinali, pure senza competenze in materia.
Ma iniziative del genere sono orchestrate dal organi istituzionali sanitari ben specifici e competenti (vedi Istituto Superiore di Sanità e Organizzazione Mondiale della Sanità, comunque non immuni da scandali) e un ministro è un organo esecutivo politico di tante direttive.

Fatto è, per concludere, che avere tali riscontri sia mediatici che politici in tali scenari di salute pubblica è qualcosa di inquietante. Il coronavirus di Wuhan come per gli obblighi vaccinali tra l'altro rievocano perplessità sanitarie su alcune situazioni sociali: quanti casi di morbillo, e morti di morbillo, si sono riscontrati nella popolazione rom residente in Italia prima e dopo l'obbligo vaccinale...imposto agli italiani? Quanti sieropositivi, malati, guariti e deceduti al coronavirus ci saranno ora in questa popolazione?
Forse nessuno. Ma sarebbe davvero il caso di dimostrare se è nessuno perché non ci sono indagini epidemiologiche, o nessuno perché è la realtà: la realtà di un perfetto esempio di sana integrazione (guarda un po', il popolo rom simbolo di sana integrazione) tra microrganismi-ospiti-ambiente, scevra da ogni speculazione mediatico-finanziaria. 


"Taking out the Trash" by Herokip98 is licensed under CC BY-NC-ND 3.0

Coronavirus: sieropositivi ma sani, fatti medici scomodi!

12 febbraio 2020

I colleghi Burioni-Mancini dipendenti dell'azienda ospedaliera privata San Raffaele s.r.l mettono in guardia dalle previsioni ottimistiche del collega Lopalco professore all'Università statale di Pisa in merito l'evoluzione del coronavirus in Cina (strano, la medicina pubblica è ottimista e quella privata pessimista).



Dicono che suona strano che nella regione di Wuhan (Hubei) ci si ammali di più (30mila casi aggravati contro 10mila) e si guarisca di meno (6% contro il 16%) rispetto al resto della Cina, oltre che a un tasso di mortalità decisamente più alto qui che altrove (3% contro lo 0,36%).

Allora legittimo ipotizzare, secondo loro, che possa trattarsi di taroccamento dei dati.
Anche perché, ritengono, non è attendibile non far rientrare nel conteggio dei casi confermati quelli positivi al test ma senza sintomi.
Cioè, secondo loro, se si è positivi senza sintomi occorre essere conteggiati...ma tra chi?
Tra i malati? No, perché non si ha malattia.
Tra gli infetti? No perché sono infettivi solo coloro con i sintomi di malattia.

Tra i sieropositivi dunque. Che saranno a milioni già in tutto il mondo, innocui epidemiologicamente, ma un peccato non sfruttarli per creare panico coi numeri, viene da dedurre.
Perché pare proprio non possa essere reale che l'essere umano possa avere in corpo questo virus come centinaia di altri da milioni di anni... senza creare alcun danno a sé e agli altri!

Ecco. Questo secondo i nostri esperti privati, è indice potenziale che dalla Cina non ce la raccontano giusta. Sarebbe interessante sapere se ad aver creato un quadro drammatico di incidenza e letalità specifico a Wuhan, in Hubei, tra le ipotesi plausibili a spiegazione dei dati sopra secondo loro c'è magari il fattore inquinamento/densità di popolazione, sommato alla concentrazione di agente patogeno nota la presenza di laboratori di microbiologia. Sarebbe interessante. Ma anche no.



La demagogia tra arte e politica: da Vasco a Junior Cally passando per Sanremo

05 febbraio 2020


Il rocker Vasco Rossi, confidando la commozione per la recente premiazione del padre con la medaglia al valore, ci tiene a mettere in guardia dalle "nuove sirene autoritarie e demagogiche che tornano a incantare le masse con i loro slogan facili".

Bravo che usa il termine appropriato "demagogiche" e non "populiste" come ormai consueto per la stampa italiana per denigrare la sovranità del popolo.
Però sono strane queste tempistiche. Giovanni Carlo Rossi, morto nel 1979, l'onorificenza dei militari internati italiani (IMI) istituita nel 2006 la riceve nel 2020.

Proprio l'anno della vittoria, in Emilia Romagna, delle sardine contro la demagogia della Lega Salvini Premier.

Tristi moniti certo. Le coincidenze ancor più, se non angoscianti. Soprattutto sull'evidenza che il terreno di battaglia tra sardine e leghisti è stata la piazza Bibbiano, con al centro il suo scandalo "Angeli e Demoni", che è apparso riproporre metodiche naziste di sperimentazione di controllo mentale (Mengele sperimentò largamente farmaci ed elettroshock nelle sue giovanissime cavie-vittime, con predilezione dei gemelli).

C'è proprio da stare attenti alle sirene che incantano le masse. Altroché. Soprattutto dal momento che usano da quasi 70 anni i megafoni dello #StarSystem (vedi progetti di controllo mentale  tipo Monarch o MKULTRA, sempre di derivazione nazista, con uso di droghe, elettroshock, ipnosi, sperimentati da decenni perfino su esponenti del mondo dello spettacolo).

Ma a proposito di tempistiche, chissà cosa ne pensa Vasco Rossi (che il 3 febbraio 1983 scandalizzava Sanremo con la sua Vita spericolata) del fenomeno Junior Cally, artista criticato per il suo stile sadico, ma istituzionalmente intoccabile e protetto da non decifrabili forze mediatico-finanziarie per la sua partecipazione al Festival della Canzone Italiana.
Chissà cosa ne pensa Vasco del fatto che, pare, interpreterà su quel palco la sua Vado al massimo.
E chissà, chissà come sarà evoluto il pubblico di Sanremo davanti a questi fenomeni, a distanza di 40 anni.
Chissà se sarà questo il massimo, ancora, per le masse incantate da slogan facili.


Mindful Being"Mindful Being" by molly rogers is licensed under CC BY-NC-ND 4.0