28 marzo 2025
Piccola riflessione antropologica.
Questo orso, a mio avviso, probabilmente aveva molta fame. Sente l'odore di preda nel telo e nel cuscino, ma non la trova.
Dà di matto perché trova assurdo che un odore di preda corrisponda a un sapore del genere. In pratica vive una dissonanza cognitiva che è sensoriale, ma ha risvolti sul suo comportamento per una profonda frustrazione esistenziale.
Dove risiede l'antropologia? In due livelli. Uno superficiale l'altro profondo.
Il primo è che l'essere umano, umanizzando superficialmente quel comportamento, deduce semplicemente che quell'animale sta giocando.
Più profondamente, questa interpretazione è più facile perché riconoscere di aver introdotto nel sistema naturale qualcosa di inappropriato, di disturbo per gli equilibri naturali, di artificialmente corrompente, svilisce la percezione di sé nel sentirsi l'animale più evoluto. Smentisce il suo egocentrismo evolutivo.
L'essere umano ha talmente una considerazione distorta del suo habitat e del proprio ruolo nel suo habitat, che non si accontenta di stravolgerlo, ma esige narcisisticamente renderlo fonte di un qualche divertente appagamento. Più o meno inconsapevolmente.
Domani sarà una soddisfazione mostrare questo video e spiegare questi dettagli a mia figlia, di otto anni.
Dovrei dire un gusto, un piacere, da papà, da veterinario, invece no, solo una soddisfazione.
Perché mi resta il dubbio se la sua generazione farà a tempo a rimettere in ordine tutte le distorsioni che le faremo ereditare. Perché mi resterà pure in sospeso spiegarle, più avanti, che queste distorsioni che l'uomo ha della natura animale, le usa persino per manipolare, sfruttare, annientare, i propri simili.
Dovrei far finta di niente e farmi due risate e basta, scommetto. Giusto? Invece no. Perché sono papà e perché sono veterinario: mia figlia non farà la fine di quell'orso, con il mio silenzio.
E auguri umanità.