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Quel gradino spirituale in più sul podio degli sportivi slavi.

 Un tennista serbo e una nazionale croata. Porterò sempre nel cuore queste immagini che incorniciano imprese sportive ravvicinate di atleti che vengono da nazioni con un pugno di milioni di abitanti.

Nazioni un tempo unite nell'ex-Jugoslavia, martoriata da una guerra per procura che molto ricorda l'attualità vissuta da altri "cugini" slavi poco più in là.

Ho a cuore queste immagini non tanto per l'aspetto sportivo in sé, che per quanto sia degno di lode mai lo sport mi ha stimolato idolatria. 

Ciò che invece di questi eventi, di queste persone, merita di essere idolatrato è l'aspetto umano. E in questo ammetto in confidenza che molto forse ha inciso aver conosciuto da ragazzino, giocando in un campetto parrocchiale, un ragazzo poco più vecchio della mia cerchia, che si trattenne con noi a fare delle partitelle di calcio qualche pomeriggio, a metà di quegli anni 90 in cui volarono bombe NATO poco lontano da noi. 

Non ricordo di preciso da dove venisse, Slovenia, Serbia, Croazia, Bosnia... Mi pare di ricordare bosniaco. Fatto è che quelle partite mi rimasero nel cuore. Era la prima volta forse per tutti che si giocava con stranieri sconosciuti, e questo metteva una strana adrenalina. In noi e in lui. Si giocava per dimostrare il meglio, tutti. La magia di quei pomeriggi non la dimenticherò mai. Anche perché ha rivoluzionato il mio modo di vivere lo sport, e con lo sport ogni competizione, per il resto della mia vita.

La magia di voler dare spettacolo per condividere la gioia di un gioco che ci rendeva tutti uguali pur con una individuale personalità: non contava più chi vinceva o perdeva, contava mostrare il meglio per incantarci gli uni gli altri con il meglio di ciascuno. La magia del fair-play, dell'educazione nel chiedere scusa se scappava qualche fallo, nel recuperare la palla per l'avversario anche quando toccava a lui, in segno di rispetto, ma anche per la smania di non perdere tempo dando discontinuità a quell'atmosfera di sportività sacra. 

Ecco da allora con questo imprinting, ho sempre associato agli sportivi di nazionalità slava una sorta di superiorità spirituale nello sport, e i due eventi che ho riunito in questa foto per me sono una bellissima rappresentazione di quella mia antica percezione. 

Il frangente del festeggiamento dopo l'ultimo rigore che ha sancito la vittoria della Croazia contro il Brasile in Qatar 2022, secondo me, è qualcosa di sublime. Di una bellezza disarmante. Di una potenza etica impareggiabile. Quello è il momento in cui il giocatore brasiliano sbaglia l'ultimo rigore, si accascia disperato a terra, l'intera squadra croata corre verso il portiere protagonista assoluto di quella vittoria per festeggiare la sua impresa, e lui cosa fa? Lui appena realizza il contesto, mette in secondo piano l'euforia e trascina la squadra a festeggiare in disparte, non sotto porta, non davanti a quell'avversario disperato. Un avversario non comune: il Brasile, il miglior calcio del mondo per definizione. Un avversario che ha una cultura del divertimento calcistico all'opposto talmente esagerato da festeggiare con un ballo ad ogni rete.

Ecco lo spessore umano, morale, di quel gesto. Una lezione magistrale di disciplina, di virtù, di elevatezza spirituale. Così lo vedo io.

Anche nella seconda situazione l'immagine di un festeggiamento più unico che raro, perché di un'impresa umana prima ancora che sportiva. Di nuovo la massima disciplina e decoro contenuti dopo la vittoria davanti all'avversario battuto, all'arbitro e al pubblico pagante. Contenimento sopportato per riservare il massimo della gioia fino allo svenimento alle persone più importanti e determinanti per quella vittoria: la squadra, la famiglia, che diventano una cosa sola. 

Ma quanto difficile sarà stato quel contenimento dopo due anni? Con una vittoria in mano non solo sportiva, ma anche ideologica. Una vittoria di principi e valori. Una vittoria vera, reale, che ha schiacciato sconfitte virtuali, pretestuose e faziose.

Mi incornicio insieme allora queste due situazioni sportive straordinarie. Mi incornicio insieme due rappresentazioni epocali di una cultura slava del rispetto umano, di principi, di valori, che merita ogni lode. E non solo.   

#Croazia #Qatar2022 

#NovakDjokovic #AustralianOpen2023