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Credere in Dio è voler comunicare

 12 febbraio 2024

Una delle cose che più apprezzo da credente è il lusso di potermi arrabbiare con un Dio che penso ascolti.

Mi arrabbio chiedendomi perché certe cose sembra le capisca solo io oppure le capiscano solo gli altri.

Perché non capiamo tutti le stesse cose così ci si sa intendere? 

Il lusso di credere in un Dio che ti ascolta è pensare alle sue risposte. "Così si ha un motivo per impegnarsi a comunicare, e apprezzare la differenza tra il farlo e il non farlo in modo reciproco".

Chi non crede in Dio forse ritiene che tutto ciò sia solo illusione mentale. Sono semplicemente deduzioni della ragione, domande e risposte, che l'essere umano fa con sé stesso.

Ma cosa diventa allora questa posizione, se non la prova che credere in Dio è il pretesto per credere in una umanità che può comunicare, mentre non credere in Dio è la premessa per considerare quell'umanità in un vicolo cieco, dove ogni individuo si ritrova solo?

Chi è un grande comunicatore senza credere in Dio, come il tiranno, è un grande comunicatore di se stesso per se stesso. Per il proprio interesse. Capire e farsi capire con i propri simili, è funzionale al proprio vicolo cieco. 

Ancora più solo però forse è chi crede in Dio ma è incapace di comunicare con il prossimo, come il fanatico religioso, perché forse nel suo vicolo cieco si crede Dio, e questo basta al suo ego.

Chi non crede in Dio e neppure sa comunicare poi è quanto di più desiderato e ambito dal tiranno e il suo governo, il suddito ideale (l'uomo medio) che a lui si affiderà senza se e senza ma. 

Infine c'è chi crede in Dio e vuole comunicare, talvolta anche senza saperlo fare. L'essere umano consapevole che una e l'altra cosa sono due facce della stessa medaglia, e tutto sommato una medesima formalità. Nella sostanza ciò che lo muove è una felicità inspiegabile, eccetto che per la sua origine: tentare di comunicare con qualsiasi cosa gli venga a tiro, di fisico o metafisico, di visibile o invisibile. Contemplare un sasso è contemplare Dio, parlare a un parente è parlare a uno sconosciuto. Innamorarsi è cercare di comunicare una prima volta. Cercare di comunicare per l'ennesima volta come fosse la prima è amare. Comunicare è la felicità. Fosse anche guardandosi allo specchio.

Sai poi che logica beffarda, se il paradiso e il nulla esistessero davvero, ma solo per coloro che si son sentiti felici vivendo, credendo in uno o l'altro?