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"Roma Ladrona la Lega non perdona"... neppure la contabilità

03 maggio 2018


La domanda non è "Cosa rimarrebbe mai della Lega senza Berlusconi?", quello ora è storicamente dimostrato dai primi 50 giorni dopo le elezioni politiche del 4 marzo 2018.
La vera domanda è: dove sono andate a finire in questi decenni le valanghe di denaro della Lega? Solo nelle bocche e nei capricci dei loro esponenti politici stile Trota o Belsito?
Pensate che il voto cieco alla Lega dell'intero nord Italia sia andato a questi politici per la fiducia sulla loro capacità di mangiarsi i soldi più efficacemente di Roma Ladrona, o per la fiducia sulla loro capacità di infilarli nei propri circuiti bancari, nelle associazioni di categoria delle piccole medie imprese dell'agricoltura e dell'artigianato (ossia tre quarti dell'intero elettorato del nord-est), nelle CCIAA, perfino in quella parte del clero apertamente schierato?
Queste sono le medesime logiche dopotutto che hanno reso il PD primo partito in una delimitata area tosco-emiliana, ossia nel regno del cartello clientelare di coop rosse e circuiti bancari del giglio magico (Monte Paschi, Etruria etc).
E poi è statistica, è matematica, è scienza: se in Italia vi è un voto di massa univoco in un territorio estremamente confinato, tanto da compensare quello del rimanente territorio, non può essere il caso. O è un fenomeno religioso di divina fede politica, o è un fenomeno umano, troppo umano (ma non proprio nietzschiano) del voto per interessi lobbistici.
La Lega non perdona, era il monito per Roma. Neppure la contabilità perdona però, e chissà se il monito arriverà alle urne del nord.