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Vaccini e disastro elettorale del M5S

29 maggio 2019

Nell'arco di pochi mesi il ministro Lorenzin, dal basso delle sue (nulle) competenze mediche, riuscì nel 2017 a far approvare un decreto sull'obbligo vaccinale dapprima per 12 malattie poi per 10 più 4 raccomandate (tale era la credibilità dell'emergenze epidemiologiche per giustificare questo decreto, che nell'arco di poche settimane sparirono due malattie incluse nell'obbligo).

Il successore ministro Grillo invece dall'alto delle sue competenze mediche, esibite orgogliosamente dai banchi dell'opposizione quando era ora di denunciare i dubbi e le perplessità di una manovra politico-finanziaria del genere in ambito sanitario ed educativo, ebbene nell'arco di un anno di governo presieduto non ha attuato quello che avrebbe potuto fare in metà tempo della collega precedente, ma non solo: addirittura ha continuato a proclamare per quasi un anno intero che sarebbe stato imminente l'intervento promesso.
Tutto questo nel mentre in tutta Italia le famiglie, gli studenti, i bambini, le scuole e le autorità competenti territoriali sanitarie e dell'ordine pubblico, vivevano immani disagi creati dal caos del decreto Lorenzin, nonché dall'informazione sempre più netta sugli scandali inerenti la contaminazione dei vaccini prodotti dalle multinazionali private, nonché la loro inefficacia oltre che pericolosità in caso di somministrazione indiscriminata e senza giustificazione epidemiologica.

Certo non si può riferire solo a questo atteggiamento il flop del M5S alle elezioni regionali (Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Piemonte) ed europee nella prima metà del 2019. Ha concorso anche aver ceduto davanti alle multinazionali dell'ex-IILVA, del TAP, del TAV. Ma in questi ambiti il M5S ha dimostrato di aver fatto e voler fare il massimo per non disattendere le promesse elettorali, e i ministri di competenza non si sono certo atteggiati come la collega responsabile della sanità.

Sorprendente poi è stato il trattamento mediatico verso tutte queste situazioni.
Sul tema TAV, TAP, ILVA i ministri M5S interessati (Di Maio-Toninelli) hanno subito attacchi mediatici inverosimili. Tutt'altro trattamento invece riservato al ministro della sanità. Questo a dimostrazione di come il potere mediatico sia servo del potere finanziario che controlla la dialettica politica. Potere che annienta chi se non altro tenta di fare il proprio lavoro coerentemente al mandato elettorale per l'interesse dei cittadini contro le lobby finanziarie, e rimane invece indifferente a chi lo disattende se questo significa non toccare gli interessi privati di parte.

E  a dimostrazione di ciò sul piano mediatico è stato curioso di recente notare che il ministro della sanità Grillo non ha risposto alla domanda se il figlioletto da poco nato sia stato vaccinato, come intenzione dichiarata in campagna elettorale. Curioso perché se mai dovesse aver mentito, risulterebbe ghiotta occasione per le opposizioni per farla dimettere e creare crisi di governo. Invece le opposizioni non hanno minimamente dato considerazione a questa scena imbarazzante. Tutto ciò di nuovo a dimostrazione di quanto potente e subdola sia l'operazione mediatica sui vaccini che deve far calare l'indifferenza su notizie pesantemente scomode quando incontrovertibili.

Ora certamente il ministro Giulia Grillo ha fatto cose concrete e importanti per la sanità italiana, sia in opposizione che al ministero (test neonatali, liste d'attesa, assunzioni...). Ma come possono compensare il grave atteggiamento avuto verso una pratica coercitiva che interessa intere nuove generazioni e da lei stessa riconosciuta scellerata?
E al M5S, dopo questa caduta di consenso elettorale dimostrato nelle più diversificate situazioni nell'arco di un anno di governo, pur con tanti ottimi risultati in politiche economiche (vedi reddito di cittadinanza e quota 100), cosa rimane da perdere prima di comprendere che ci sono priorità imprescindibili, più di tutto la salute e sopra ogni altra cosa quella della nuove generazioni?