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Delitto Cecchettin. Fari mediatici psichedelici sulle esternazioni della sorella della vittima

 28 novembre 2023

Perfino nei cinema, prima della proiezione, uno spazio di qualche secondo dedicato alla violenza sulle donne citando il fantasmagorico slogan di questa ragazza sulle "rivoluzioni bruciando tutto, per Giulia,,

Non tralasciamo l'iniziativa grottesca di proiettare perfino nei cinema italiani gli interventi di questo personaggio alla ribalta speculando su un assassinio di cui in Italia non è ancora stato fatto manco un interrogatorio. 

Speculando in un luogo di cultura, in un luogo di comunicazione di massa, su un tema delicatissimo come la violenza sulle donne (chissà se la comunità LGBT in questo caso riconosce l'importanza del sesso biologico...non è scontato), proiettando frasi di discutibile spessore etico e persino logica giuridica: bruciare tutto è un atto di volenza, e anche se metaforicamente, allude a rispondere con violenza alla violenza; bruciare tutto non è rivoluzione culturale, che si fa con il dialogo, la critica, l'analisi, le indagini (si brucia per cancellare prove talvolta, gran metafora proprio); non da ultimo bruciare tutto evoca un posto particolare, dove brucia tutto, e visto l'affetto per i trucchi satanisti del pulpito da cui esce la predica...bella scelta del termine proprio.

Non tralasciamo tutto questo questo, ma passiamo oltre. Perché ci sono concetti antropologici e sociologici di notevole importanza sugli interventi di questa "sorella della vittima", e leggiamo:

,, Elena Cecchettin ha chiesto di non definire Turetta come un «mostro», perché «un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è»,,

Eh no. Ma proprio no. Qua si va su una propaganda farsa-scientifica cui ci stavamo quasi disabituando a tre anni dalle sceneggiate pandemiche. Ed è questa la dimostrazione che questa piaga sociale del patriarcato sta per essere trattata proprio alla stregua di un virus parainfluenzale da usare come scusa per intubare d'urgenza dopo vigili attese.

Un mostro non è un'eccezione. Non è una persona esterna alla società. Non qualcuno di cui la società non deve prendersi responsabilità. Un mostro (senza distinzioni di sesso) è una persona deviata dalla società che la circonda, ed è potenzialmente ognuno di noi: cara Elena potresti tu un giorno essere condotta dalla società a compiere violenze efferate. Potresti tu, potrei io, potrebbe chiunque. Altro che eccezioni ed esterno, altro che società non responsabile. E la società è chi ci circonda, e la società è riflesso di chi la governa.

Secondo la sorella della vittima chi ha ucciso non è malato: è normale. Termini che pesano come macigni in una società dove termini come salute e malattia, normalità ed eccezione sono stati mistificati all'inverosimile allo scopo di renderli interscambiabili in modo funzionale al caos, al disordine, alla messa in scena, alla falsità, in ogni ambito di discussione.

Sulla salute e malattia ho dedicato una tesi interdisciplinare in materia di medicina, evoluzionismo e fisica quantistica ormai 15 anni fa. Sulla normalità, in natura e nella società umana, ho dedicato un saggio cinque anni dopo scaturito da quella tesi, quando mi sono reso conto di questo circolo vizioso perverso mistificatorio di queste quattro parole (salute, malattia, normalità, eccezione).

Potrei dire che ho atteso per decenni in riva al fiume passare il cadavere del mio nemico. Ma sarebbe infelice al massimo perché per rivedere questi termini sull'occhio del ciclone oggi un cadavere c'è, e non è certo di un nemico. Anzi. Se mai il cadavere che sta passando è quello di quella società perversa, malata, deviata, e io la osservo in compagnia dell'anima di ogni sua vittima. 

Potrei dire che ho atteso. Invece ho fatto dell'altro nella speranza di non essere trascinato dentro il fiume. 

Chiamatela, posso dire ancora dopo decenni, #PERVERTITOCRAZIA.


Fonte sondaggio foto:

https://notizie.virgilio.it/sondaggio-critiche-a-elena-cecchettin-per-le-interviste-dopo-la-morte-della-sorella-giulia-cosa-ne-pensi-1594867